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L'ira dei piccoli comuni. "Multati dall'Anac"

La piattaforma digitale che dà il codice unico non funziona bene. Contravvenzioni sino a 5mila euro

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I piccoli comuni si rivoltano contro l'Anac. Sì, avete capito bene, dichiarano guerra all'Autorità nazionale anticorruzione. Al centro del contendere il codice degli appalti e il nuovo «ecosistema«, la piattaforma digitale (in uso dal primo gennaio) che, a dire degli amministratori locali, non funziona. Non li agevola. Per nulla, anzi: «Invece di aiutarci ci multano» dicono. Già, perché pare che dalle parti di Anac non ci sia una buona comunicazione. Non solo con l'esterno ma, soprattutto, con l'interno. Da un piano all'altro. Da ufficio a ufficio. Da scrivania a scrivania. Mentre il nuovissimo sistema digitale, su richiesta dei comuni e delle amministrazioni pubbliche, emette il «codice unico identificativo» essenziale per avviare le gare d'appalto per la realizzazione di opere pubbliche l'ufficio di vigilanza dell'Autorità nazionale anticorruzione non ne è a conoscenza. Almeno così sembra. La prova sta nelle tante lettere e comunicazioni che l'ufficio di vigilanza manda ai piccoli comuni (e non solo) rei di aver avviato l'iter per gli appalti senza alcuna autorizzazione. A denunciarlo è l'Asmel, l'associazione per la sussidiarietà e la modernizzazione degli enti locali. «Fanno entrare nel sistema anche chi non è autorizzato a fare gare pubbliche, rilascia l'autorizzazione a tutti. Anche a chi non potrebbe, a chi non è qualificato» - ci dice Francesco Pinto, Segretario generale Asmel «e poi minacciano multe che vanno da 500 a 5000 euro» se i comuni non siano in grado di spiegare tutto minuziosamente entro 5 giorni. «L'Autorità di vigilanza ha scelto la tecnica dello struzzo» aggiunge Francesco Pinto - mette la testa sottoterra e non vuole riconoscere errori di funzionamento tutti imputabili all'imperizia del novello orchestratore. Emana però comunicati e proclami indicando artifizi procedurali in grado di ovviare ai malfunzionamenti, in attesa della loro risoluzione. Gli artifizi non sono altro che deroghe temporanee alle regole e a precise disposizioni di legge. In altri termini, ANAC non riesce come orchestratore e per rimediare si sostituisce al legislatore». Un vero problema non solo per gli amministratori pubblici ma anche per la stessa Anac che ha il compito di vigilare che tutto vada bene. Secondo legge.

Così, mentre l'anticorruzione, per bocca del suo Presidente Giuseppe Busia, giudica troppo semplice il nuovo codice degli appalti voluto da Matteo Salvini, il sistema da lui amministrato pare vada in tilt. Forse per la troppa burocrazia?

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