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L'ira delle Regioni: "Noi esautorati Indennizzi subito e stop ai tributi"

Governatori pesantemente critici sul nuovo Dpcm: "Vogliamo sapere come decide il Cts". Resta alta la tensione sui ristori: un fronte voleva misure uniche per tutto il Paese

L'ira delle Regioni: "Noi esautorati Indennizzi subito e stop ai tributi"

Le Regioni bocciano il Dpcm che inasprisce le restrizioni per contenere la pandemia. I governatori respingono l'impianto del provvedimento, a cominciare dal criterio della mappatura del rischio. «Siamo stati esautorati», è il senso del ragionamento. Chiedono di poter essere coinvolti nel processo decisionale che modula il rischio area per area, attraverso un confronto strutturale con il Cts. «Vogliamo sapere in quale modo il comitato tecnico scientifico analizza e valuta i nostri dati, anche facendo partecipare i nostri tecnici alla valutazione, prima che il Ministero assegni la classificazione di rischio alle Regioni», attacca nella diretta Facebook il governatore della Liguria e vice presidente della Conferenza delle Regioni, Giovanni Toti, al termine del doppio confronto con governo e presidenti. Oggi è previsto il responso sulle zone di rischio, la divisione dell'Italia nelle tre fasce, rossa, arancione e verde. A decidere sarà il ministero della Salute. Fino all'ultimo le Regioni si erano augurate che il premier Giuseppe Conte aprisse uno spazio di riflessione, non solo sulla mappatura del rischio. La firma del dpcm lascia sul tavolo il tema economico. I governatori vogliono garanzie dal premier Giuseppe Conte e dai ministri sul piano finanziario e chiedono lo stop ai tributi 2020 e 2021. E così sul terreno dei ristori si crea un fronte trasversale tra governatori Pd, tra cui Vincenzo De Luca, e presidenti di centrodestra come Attilio Fontana (in alto, Lombardia) e Alberto Cirio (in basso, Piemonte). Persa la battaglia sulle misure nazionali e incassati obtorto collo i lockdown locali, la partita si sposta sui soldi per tamponare l'emergenza, con la Lombardia che chiede indennizzi contestuali ai Dpcm.

Le rivendicazioni dei governatori, però, non trovano ascolto nella versione finale del Dpcm. Il vertice con i ministri Francesco Boccia e Roberto Speranza si trasforma in una Caporetto per le Regioni: passa la linea dell'esecutivo. I governatori incassano poco, quasi nulla. Il muro, alzato dal trio Fontana-De Luca-Cirio, sulla necessità di misure nazionali, si scardina. Vince il lodo Conte: chiusure mirate e suddivisione dell'Italia in tre zone. L'unico risultato che portano a casa i governatori riguarda la durata della chiusura: 15 giorni. Il governo spingeva per tempi più lunghi. Almeno tre settimane. Altra magra consolazione (per le Regioni) è la possibilità in capo al ministero della Salute di rivedere le restrizioni in corso d'opera sulla base di valutazioni mediche e scientifiche. Un compromesso suggerito dal presidente del Piemonte Cirio: «Sarà una sospensione che vogliamo breve, per essere pronti a ripartire come prima senza doverci più fermare». Una via d'uscita per i governatori che temono di finire nel mirino delle rivolte sociali. Chiuso il vertice con il governo, le Regioni si riuniscono a porte chiuse. E passano al contrattacco con una serie di osservazioni: misure omogenee in tutto il territorio nazionale, la richiesta che la valutazione del rischio epidemiologico venga fatta in collaborazione con i dipartimenti di prevenzione regionali. E poi un decreto con indennizzi per le categorie economiche da presentare contestualmente al Dpcm, congedo parentale e riconciliazione e ancora esenzione 2020-21 dei tributi per tutte le attività economiche soggette a provvedimenti di chiusura.

Un malcontento che il presidente della Valle d'Aosta Erik Lavevaz anticipa prima della riunione ristretta con gli altri governatori: «Il governo ha ascoltato poco le Regioni». Lo strappo viene evitato in extremis. I governatori hanno minacciato di non dare l'ok al testo.

Ma hanno dato ascolto all'appello del capo dello Stato Sergio Mattarella sulla collaborazione.

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