Un'aggressione verbale o fisica ogni mezzora. È la fotografia dell'ultimo rapporto sulle violenze negli ospedali francesi dove medici e infermieri sono sottoposti sempre più spesso a pressioni «comunitariste». Nelle corsie come nelle sale operatorie, fino al pronto soccorso, le recriminazioni di matrice religiosa legate principalmente a pazienti musulmani sfociano anche in casi di violenza. E se il personale ospedaliero prova a ricordare i principi di laicità che animano la République, ecco scattare l'accusa di islamofobia. Per redigere il rapporto sulla laicità, pubblicato lo scorso anno, la Federazione ospedaliera francese aveva inviato 1.200 questionari. Solo 172 centri hanno risposto. Segno evidente di quanta omertà ci sia nel segnalare il fenomeno.
Dopo la denuncia di Frédéric Valletoux, presidente della FHF, che da mesi ribadisce quanto sia cresciuto il numero di «domande di essere visitati da sole donne» da parte dei mariti che accompagnano le mogli, o di pazienti che chiedono cinque volte al giorno di «pregare negli spazi comuni o in camere doppie», il governo fa autocritica: «Troppi buoni propositi teorici e poca concretezza sul rispetto della laicità in ospedale», ammette Annick Girardin, ministro della Funzione pubblica. In estate lei stessa ha avviato un'apposita commissione che a metà novembre dovrebbe pubblicare nuove regole più chiare e più stringenti per evitare il verificarsi di certi episodi. Quali li documenta un'inchiesta de Le Figaro basata sul rapporto dell'Onvs: 2.307 minacce fisiche, 623 minacce di morte, 658 occupazioni di stanze o corsie nel 2014; non tutte legate all'islam, ma buona parte. L'urgenza di prendere delle contromisure, confermata dall'esecutivo, la testimonia Jean-François Oury, responsabile del reparto di ginecologia e ostetricia dell'ospedale Robert-Debré, aggredito da un marito violento nel 2006: «Da quel giorno abbiamo lavorato per evitare che ci siano confitti. Spieghiamo come funziona il servizio e se il caposala è un uomo, è un uomo. Punto».
Di fronte a un approccio prudente dei responsabili delle strutture, solo la fermezza di pochi medici fa sì che i principi di laicità siano rispettati. «I direttori hanno troppa paura di essere accusati di islamofobia», spiega Isabelle Lévy, ostetrica in prima fila nel segnalare il problema.
Tra le proposte raccolte da Le Figaro, la presenza di poliziotti armati all'ingresso degli ospedali o una vigilanza fissa in pronto soccorso, dove insulti e intimidazioni da parte di pazienti musulmani sono all'ordine del giorno (il 36,7% dei casi citati nel rapporto 2015 dell'Onvs.
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