Suonare l'arpa sul davanzale della finestra non è il massimo della comodità. Ma ieri a Milano la signora Luciana Corda (cognome ideale per un'arpista provetta) ci ha provato lo stesso. Alle 12 in punto ha spalancato le imposte e ha cominciato il concerto, apprezzatissimo dai vicini. Che applaudivano all'unisono; un po' per lei, ma soprattutto per i medici impegnati sul fronte del coronavirus: a mezzogiorno è infatti scatta l'ora X per l'ennesimo flashmob che stanno «sonorizzando» i balconi d'Italia. Un sottofondo a base di musica, fischi, applausi, canti (ma anche le semplici urla vanno benissimo) per fare il tifo in questo derby tra bene e male che stiamo vivendo da tre settimane e che vivremo (almeno si spera) chissà fino a quando.
La squadra del bene, da due giorni, ha deciso di scendere in campo alzando le tapparelle per levare alta la sua voce contro la squadra del male, quella capitanata dal Covid con il numero 19 sulle spalle. Il risultato, al momento, è a favore della squadra del male. Ma la partita è ancora lunga. E gli italiani non hanno nessuna intenzione di arrendersi. Intanto da 48 ore hanno deciso di farsi sentire solidarizzando tra loro. Se pur tenendo le debite distanze. Da un palazzo all'altro, da una finestra all'altra, da un balcone all'altro, da un portone all'altro. Sentendosi, idealmente, uniti. In una sorta di Rinascimento creativo e solidaristico che si oppone all'oscurantismo di un Medioevo contagioso.
Certo, l'epidemia non potrà essere sconfitta dalla signora di Napoli che sbatte i coperchi delle pentole, dal rockettaro di Cagliari che improvvisa un assolo di batteria sulla terrazza, dalla studentessa di Potenza che intona Volare di Domenico Modugno, dalla ragazza di Palermo che urla dal megafono: «Ce la faremo!», dalla famiglia di Roma che si lancia in una standing ovation per gli «eroici infermieri». Ma questo sentirsi tutti sulla stessa barca (dall'ultimo dei Fantozzi al primo dei mega direttori globali) è comunque un bel segnale. In contrapposizione a chi, fregandomene di tutti e tutto, continua ancora a comportarsi come se il virus fosse un'emergenza che non lo riguarda.
Tra ieri e oggi i flashmob anti-coronavirus sono stati centinaia, in ogni parte d'Italia. E altrettanti sono in programma nelle prossime ore. Uno spontaneismo, mai come in questo caso, «virale». Gli psicologi lo descrivono come un «fenomeno di massa di esternazione emotiva». E se al suo interno si celasse anche una componente di patetico esibizionismo, non ci sarebbe nulla di male. I vip, pure loro in regime di coprifuoco, hanno ceduto alla «balconite»: da Arbore a Jovanotti, da Amadeus a Zingaretti (inteso come commissario Montalbano), da Giuliano Sangiorgi (il cantante dei Negramaro) a Tiziano Ferro, da Chiara Ferragni (con Fedez) a Terrence Hill. Tutti con la testa fuori di casa a far casino a fin di bene.
Perfino il presidente Mattarella ieri ha ordinato alle Frecce
Tricolori di sorvolare sull'Italia «come segno di vicinanza delle istituzioni ai cittadini». Inno di Mameli dai balconi e Tricolore di fumo nel cielo del Paese. Non sarà un vaccino, ma di sicuro è un antidoto. Contro la paura.
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