Cronache

L'Italia del vino si beve anche la crisi

Gli altri settori calano, qui il fatturato cresce (+27,1% in 6 anni). E si apre al futuro

L'Italia del vino si beve anche la crisi

Verona - Levate i calici, l'Italia del vino sorride a trentadue denti. Anzi a cinquantatré, come le edizioni del Vinitaly iniziato ieri (per terminare mercoledì 10 aprile) in un clima moderatamente ottimistico, elettrizzato dalla presenza di politici di cui parliamo in altra parte del giornale.

Vinitaly di sorrisi dunque. Non tanto per il clima che si respira nei padiglioni e nei corridoi della fiera di Verona, sempre affollati e con il corollario di code, navette prese d'assalto, tax introvabili e ristoranti zeppi che offre una città che da anni tutti ritengono ormai inadeguata a ospitare la più grande kermesse italiana del vino ma a cui alla fine tutti si adattano con affettuosa e un po' alcolica resilienza. Ciò che rassicura sono i dati dell'indagine condotta annualmente dall'Area studi di Mediobanca e che è stata resa nota proprio alla vigilia del taglio di nastro del salone. Secondo cui il 2018 ha segnato una notevole crescita del fatturato delle 168 principali società italiane operanti nel settore, con un bel +7,5 per cento rispetto al 2017, che stupisce se messo a confronto con l'arretramento del settore manufatturiero (-7,2) e dell'industria alimentare (-4,6). E se si fa il raffronto con il 2013 l'incremento è del 27,1 per cento, trainato soprattutto dal boom dell'export (+31,9 per cento).

Ma che cosa propone di nuovo il Vinitaly 2019? Nuova sezione è l'Organic Hall, tutta dedicata al mondo dei vini biologici e biodinamici, nata in collaborazione con Vi.Te-Vignaioli e Territori. Mentre tra i prodotti in maggiore evidenza ci sono i vini in anfora, nuova-antica tendenza che si linka alle origini del vino in Georgia, i vini rosati che da anni hanno iniziato la loro riscossa e di cui quest'anno si possono assaggiare esemplari di notevole livello (come il magnifico Aurea di Frescobaldi prodotto nella tenuta Ammiraglia in Maremma e il cupo Malvarosa prodotto in Calabria dalle tenute Pacelli con uve Magliocco dolce e Merlot); tra le tipologie un'indagine dell'Osservatorio Signorvino segnala in grande crescita l'Alta Langa piemontese, il Lugana, il Lambrusco, il Pinot Nero e il Merlot; tra le regioni scommettiamo su Sicilia, Marche e Lazio, oltre ai soliti noti.

E poi curiosità assortite: la silent experience proposta dal padiglione della Regione Umbria, che mette a disposizione dei visitatori un salotto immersivo dove con delle speciali cuffie isolanti sarà possibile isolarsi dal clangore della fiera degustando vini in «abbinamento» a suoni e colori umbri; il ricordo per i cento anni di Fausto Coppi (cadranno il prossimo 15 settembre) con un brindisi nello spazio dell'azienda piemontese Ada Nada, coetanea del «Campionissimo»; i vini dei Frati Carmelitani Scalzi di Venezia che producono due etichette da vitigni autoctoni recuperati nei giardini veneziani.

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