Non bastavano gli schiaffi sui fanti, nel governo giallo-verde adesso si rischia la crisi pure sui santi. Perché tra le tante cose non chiarite dal contratto, a questo punto sembra esserci pure un'equa divisione del martirologio. Un manuale Cencelli delle reliquie che eviterebbe pericolosi incidenti diplomatici e altre disdicevoli invasioni di campo tra leghisti e 5Stelle. Come quella che si rischia oggi con la visita di Matteo Salvini a Padre Pio, il santo più venerato al mondo e del quale il premier Giuseppe Conte tiene devotamente nel portafoglio l'immaginetta esibita a settembre durante la puntata speciale di Porta a Porta. Con rito che qualcuno ha sottolineato essere più scaramantico che religioso.
Poteva essergli da meno Salvini? Giammai. «L'Europa può mandare anche padre Pio, ma io la Legge Fornero la smonto pezzo per pezzo», aveva detto con fare altrettanto pagano poche settimane dopo, di fronte ad altre telecamere, quelle dell'Arena di Massimo Giletti per far decollare anche mediaticamente la «quota 100» per andare in pensione.
Nel frattempo il cappuccino, inteso come frate minore, ovviamente non si è fatto vivo, ma le domande degli aspiranti pensionati sono partite e in giro è sempre di più la gente convinta che trovare i soldi necessari, sarà un'impresa più vicina al miracolo degno del così amato santo di Pietrelcina che un normale esercizio di quadratura di un bilancio dello Stato.
E così ad andare da padre Pio oggi sarà lo stesso Salvini, come recita il quotidiano navigatore diramato dai suoi comunicatori ad uso di giornalisti, politici che intendano aggregarsi al codazzo o semplici cittadini ansiosi di toccare le mani (per ora senza stigmate) nelle quali giace il destino del Paese. «Ore 10 Pietrelcina (Bn) visita al Santuario di Padre Pio con il sindaco e saluto alla cittadinanza», recita serioso il programma. Solo un prologo devoto all'abituale rosario laico di appuntamenti elettorali che proseguiranno a ritmo infernale con Avellino (ore 12), Salerno (ore 15) e Aversa (ore 18). Poi, in serata, alle 20,30 a san Giuseppe Vesuviano l'impegno istituzionale da ministro dell'Interno che giustifica la trasferta, «presso il più grande bene confiscato alla camorra in Campania: immobile di 4.800 mq destinato a una cittadella scolastica e a un museo della legalità». Giusto un quarto d'ora, perché poi la rumba elettorale riparte con un altro comizio, sempre a San Giuseppe Vesuviano. Alle 20,45.
Un orario nel quale la visita mattutina a padre Pio sarà ormai solo un ricordo, ma nel quale un po' più di tranquillità potrà consentire qualche riflessione sul significato della svolta religiosa di Salvini. Non un'indebita ingerenza negli affari della sua anima, visto che l'annuncio tutto politico (e legittimamente tutto politico) e tutt'altro che personale è stato dato con quello sventolare di simboli sacri sul palco di piazza Duomo a Milano alla chiusura della campagna elettorale che lo avrebbe portato al governo. Un aulico «giuramento» da premier con Vangelo e rosario baciato a garanzia dell'impegno a «essere fedele» al suo popolo. Poi altri rosari: il primo giugno al momento di salire al Quirinale per il giuramento e anche all'ultimo comizio di una Pontida ufficiata per la prima volta da uomo di governo. Ora anche il pellegrinaggio a Pietrelcina, certo senza poter esibire la confidenza del premier Conte che ha uno zio, Fra' Fedele oggi settantacinquenne, che si occupa dei pellegrini nel convento dei Cappuccini a San Giovanni Rotondo. Uno che può raccontare di essere stato «cresciuto» insieme agli otto fratelli proprio da Padre Pio.
Compreso Nicola, il padre del premier. Quattro quarti di nobiltà che Salvini farà fatica a sfidare, nell'ultima battaglia del governo. Giocata contro Conte sui santi e in terra di Puglia. E, dunque, mai così fuori casa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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