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"Il lobbying va regolamentato. Ma questa legge ha dei problemi"

La legge approvata alla Camera ed ora in discussione al Senato non convince Giampiero Zurlo, il fondatore di una delle realtà più note in Italia e non solo per quel che riguarda il lobbying ed i Public, Media e Legal Affairs

"Il lobbying va regolamentato. Ma questa legge ha dei problemi"

La legge sul lobbying votata alla Camera e ora attesa al passaggio del Senato non convince, per usare un eufemismo. l'avvocato Giampiero Zurlo, che è il fondatore ed amministratore delegato di Utopia, una realtà conosciuta ben oltre il solo piano nazionale nel campo della nell’attività integrata di Public, Media e Legal Affairs.

Tra le varie problematiche della legge in discussione che vengono sottolineate e le proposte che Zurlo avanza, appare chiaro come il lobbying sia ormai entrato di diritto tra i settori in grado di orientare e leggere il presente, oltre che tra quelli chiamati a disegnare il futuro.

Come sta il lobbying in Italia?

"In Italia, per decine di anni, i partiti sono stati monopolisti del processo decisionale pubblico, nonostante la nostra Carta costituzionale, sin dalle sue origini, riconoscesse a tutti i cittadini un pieno diritto per la rappresentanza e la tutela degli interessi legittimi. Solo con l'evoluzione del nostro sistema partitico, in particolare negli ultimi 30 anni, il lobbying ha assunto quella funzione di pilastro fondamentale del sistema democratico pluralista che rende più trasparenti ed efficienti i processi decisionali e qualitativamente migliori le leggi che ne derivano".

Dunque il lobbying contribuisce all'efficacia legislativa...

"Si pensi a quanto una regolamentazione adottata ascoltando il punto di vista degli operatori economici - che sono quelli che dovranno poi applicare la normativa - sia deflattiva del contenzioso. In caso contrario i ricorsi inevitabilmente aumenteranno. D’altronde le imprese hanno ben chiare le dinamiche del proprio mercato, al contrario del legislatore che spesso non riesce a cogliere alcuni aspetti di mercati sempre più globalizzati, interconnessi e in rapido cambiamento. Una norma scritta male non solo può essere difficile da applicare, ma spesso può comportare anche eccessivi costi per le imprese, a danno anche dei lavoratori. Ecco perché il lobbying è diventata un’attività professionale che viene posta al centro delle scelte strategiche aziendali. La competitività di un’impressa è sempre più influenzata dalle leggi del Paese che regolano il mercato di riferimento: è il c.d. "regulatory risk"".

E in questo senso voi diventate fondamentali...

"Monitorare le evoluzioni politico-istituzionali, del quadro legislativo e del quadro regolatorio è ormai imprescindibile per tutelare la competitività. Servono professionisti che comprendano le esigenze della politica e facciano al contempo capire alla politica stessa le esigenze delle imprese. In questo contesto, si assiste ad una crescente professionalizzazione del Public Affairs Manager, legata ad una costante richiesta da parte delle aziende di queste figure. Le più importanti Università italiane hanno istituito corsi e master sul lobbying e sui public affairs. Vuol dire che la professione è richiesta sul mercato. Solo noi ogni anno riceviamo ormai più di 2.000 curricula".

Si sta discutendo di regolare la vostra professione...

"Il presupposto da cui dovrebbe partire il legislatore nella regolamentazione del lobbying è proprio quello di riconoscere una professionalità, che deve essere disciplinata non diversamente da come il nostro ordinamento fa con medici, avvocati e giornalisti. Dobbiamo fissare i requisiti tecnico - professionali di chi può svolgere questa professione".

Cosa andrebbe fatto?

"Io sostengo che si debba avere almeno una laurea triennale, e poi che andrebbe fatto un esame, non diversamente da come si fa per tutte le altre professioni".

Ma qualche problema, nella legge votata alla Camera e ora attesa in Senato, c'è...

"Chiariti i presupposti, credo sia sbagliato insistere per regolamentare l’attività di relazioni istituzionali invocando il mero controllo degli attori. Perché questo atteggiamento non fa altro che ingenerare la convinzione, almeno nei cittadini che seguono dall’esterno le dinamiche politiche, che si tratti di un’attività legata al malaffare e che quindi debba essere regolamentata per evitare fenomeni corruttivi. Il lobbying va regolamentato, come detto, per migliorare la qualità della legislazione e dei processi decisionali, nonché con il fine di riconoscere una professione sempre più importante per il sistema Paese".

Notate dei discrimini.

"Io sono un avvocato, e so che la professione forense è regolamentata anche al fine di garantire il corretto svolgimento del processo a tutela degli interessi di tutte le parti coinvolte, incluso lo Stato. Questa legge sul lobbying porta invece con sé il retrogusto molto amaro dell’intenzione di voler controllare tutto per evitare illeciti: gli appuntamenti, le persone presenti e persino i documenti che vengono consegnati in occasione di un incontro. Il tutto pubblicato su un portale ad accesso pubblico".

Ci sono anche lobbisti favorevoli.

"Peggiore della legge, se possibile, è la posizione di alcuni colleghi che hanno detto che noi professionisti del lobbying dobbiamo salutare con favore questo testo normativo perché ci consentirà di non essere indagati per traffico illecito di influenze. Il discrimine fra lo svolgere il lavoro in modo lecito e il porre in essere degli atti che ricadano nel reato di traffico illecito di influenze non può dipendere dall'aver compilato l’agendina degli incontri o no".

Questa legge per lei è piena di problemi...

"Le faccio presente un'altra anomalia: un articolo afferma che le norme “non si applicano” per una serie specifica di soggetti e che quindi alcuni non devono iscriversi nel registro per la rappresentanza degli interessi. Tra questi soggetti rientra Confindustria ad esempio. Un altro articolo, invece, afferma che "non possono" iscriversi al registro, fra gli altri, i manager delle società di Stato. Ebbene, autorevoli giuristi e professori universitari ancora si stanno interrogando sulla differenza tra "non possono" e "non devono", e il rischio è che una delle due categorie finisca nel perimetro del traffico illecito di influenze".

Vi aspettate modifiche quindi.

"L'esempio appena fatto rende inevitabile che questa proposta di legge, che ora è stata trasmessa al Senato, venga modificata, e quindi successivamente dovrà tornare alla Camera per l’approvazione definitiva. Però per allora la legislatura potrebbe essere finita e bisognerà ricominciare tutto di nuovo.

Sarà l’ennesima occasione persa di regolamentare senza pregiudizi la professione, dopo oltre 70 tentativi falliti".

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