L'Ocse all'Italia: bene l'occupazione ma salari ancora in sofferenza

Sulla creazione di posti di lavoro il rapporto indica un ulteriore rafforzamento nel biennio 2024-25

L'Ocse all'Italia: bene l'occupazione ma salari ancora in sofferenza
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Il mercato del lavoro italiano gode di ottima salute, con record di occupati e livelli minimi di disoccupazione e inattività. E' il quadro che emerge dall'Employment Outlook 2024 dell'Ocse. Negli ultimi anni i miglioramenti sono stati tangibili: a maggio il tasso di disoccupazione in Italia risulta pari al 6,8%, ossia 1 punto percentuale in meno rispetto a maggio 2023 e ben 3 punti percentuali in meno rispetto a prima della pandemia Covid. Si assottiglia così il gap rispetto alla disoccupazione media dei paesi Ocse che è del 4,9%, dovuto principalmente al fatto che l'Italia è ancora indietro in termini di occupazione femminile e giovanile «dove sono necessari ulteriori progressi, anche per coprire il numero relativamente elevato di posti di lavoro vacanti».

Nell'ultimo anno l'occupazione totale in Italia è salita del 2% su base annua e le prospettive sono di ulteriore rafforzamento. Nonostante la riduzione della popolazione in età da lavoro, l'Ocse indica l'occupazione totale crescere dell'1,2% quest'anno e dell'1% nel 2025.

Una nota dolente per l'Italia è rappresentata dai salari. A livello di paesi Ocse i salari reali sono in crescita su base annua nella maggior parte dei paesi in un contesto di inflazione in calo, tuttavia in molti Paesi sono ancora al di sotto del livello pre-Covid e l'Italia risulta quello che ha registrato il maggior calo dei salari reali. Nel primo trimestre 2024, risultano ancora inferiori del 6,9% rispetto a prima della pandemia. Le stime dell'Ocse sono di un trend di crescita moderata dei salari nei prossimi due anni (+2,7% nel 2024 e +2,5% nel 2025) che consentiranno comunque un recupero di parte del potere d'acquisto perduto in quanto contestualmente l'inflazione è prevista salire a un ritmo inferiore (+1,1% nel 2024 e +2% nel 2024).

Il nodo salari è legato a doppio filo con la scarsa crescita della produttività che caratterizza da decenni l'Italia. Dal 2000 al 2020, stando ai dati Confindustria, la crescita dei salari reali in Italia è stata simile a quella registrata in Francia e superiore a quella di Germania e Spagna. Ma in questi paesi la produttività del lavoro è cresciuta ben più che in Italia (il doppio in Germania).

Sulla crescita dei salari si è soffermato ieri il governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, spiegando come l'attuale aumento delle retribuzioni rappresenti «un inevitabile

recupero del potere d'acquisto» e «i minori costi degli input produttivi intermedi e i cospicui profitti sin qui accumulati consentono alle imprese di assorbire la crescita salariale senza trasferirla sui prezzi finali».

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