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L'Ocse mette nel mirino le vedove e gli orfani

La proposta: incassati solo dal pensionamento del superstite e in proporzione al reddito

L'Ocse mette nel mirino le vedove e gli orfani

Roma Sarebbe solo uno studio di economisti, se non fosse che i documenti Ocse spesso diventano il canovaccio per le raccomandazioni delle istituzioni europee e anche la stella polare di alcuni politici quando c'è da decidere dove tagliare la spesa pubblica troppo alta.

Questa volta il tema è delicatissimo: le pensioni di reversibilità, cioè l'assegno che spetta al parente più prossimo (coniuge, ma anche figlio) di un lavoratore defunto. Secondo l'organizzazione di Parigi, tra i Paesi più sviluppati l'Italia è quello che spende di più per questa particolare forma di previdenza: il 2,6% del Pil su una spesa pensionistica che nel complesso corrisponde al 15,2% del Pil. La media Ocse è dell'1%. Seguono altri due Paesi mediterranei, la Grecia (2,6%) e la Spagna (2,3%).

Vero, sostiene l'Ocse, che le pensioni per i superstiti svolgono ancora un ruolo importante nel rendere più equi gli standard di vita dopo la morte di un coniuge, ma quando sono eccessivamente generose finiscono per rappresentare un disincentivo al lavoro e un vantaggio per le coppie rispetto ai single.

La proposta dell'Ocse è che i coniugi destinatari della pensione di reversibilità ricevano la pensione solo a partire dall'età di pensionamento e in maniera proporzionale alle condizioni economiche del superstite.

Proposta che in Italia significherebbe stravolgere la vita di una buona parte di 4,4 milioni di vedove o vedovi o figli minorenni di lavoratori defunti che percepiscono l'assegno. Mesi fa una proposta molto blanda di riforma che consisteva nel trasformare l'assegno da prestazione previdenziale ad assistenziale provoco reazioni durissime da parte dei sindacati e ancora oggi la notizia superata, visto che la proposta è stata ritirata, continua a circolare su Internet.

Se il consiglio dell'Ocse sulle pensioni dei superstiti dovesse entrate nel paniere di indicazioni che l'organizzazione rivolge all'Italia (ad esempio aumentare l'Iva e la patrimoniale sugli immobili per alleggerire la pressione fiscale sul lavoro) sentiremo parlare spesso di pensioni di reversibilità.

Difficile invece che si ricordi un altro primato che ieri ha sottolineato l'Ocse nel Pensions Outlook. L'Italia è al primo posto tra i Paesi industrializzati per i contributi obbligatori al sistema pensionistico, con un'aliquota pari al 33% per un lavoratore medio. La Germania è al 18,7%. Il sistema italiano è in equilibrio proprio grazie a questa contribuzione pesantissima per aziende e lavoratori attivi. Altro primato è quello del tasso di sostituzione, cioè la pensione in rapporto al reddito da lavoro. Siamo terzi con l'83%, dopo Danimarca (86,4%) e Olanda (96,9%). Unica differenza, in questi Paesi prevale la pensione obbligatoria privata su quella pubblica.

AnS

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