L'Ocse stronca Quota 100: "Così l'Italia ritorna al 2000"

Gli economisti bocciano anche il reddito di cittadinanza: le misure decise dal governo non favoriscono lo sviluppo

L'Ocse stronca Quota 100: "Così l'Italia ritorna al 2000"

«L'economia italiana è ufficialmente in stallo. Il Pil pro capite è allo stesso livello del 2000». Il segretario generale dell'Ocse, Ángel Gurría, ieri a Roma per presentare il report sul nostro Paese ha annichilito il suo ospite, il ministro dell'Economia Tria, con una devastante analisi.

In pratica, l'organizzazione parigina ha smontato i capisaldi del governo gialloverde, a partire dai fondamentali macroeconomici. Il Pil 2019 dovrebbe arretrare dello 0,2% per salire solo dello 0,5% l'anno prossimo. Il deficit/Pil quest'anno arriverebbe pertanto al 2,5% toccando la soglia del 3% il prossimo e trascinando di conseguenza il rapporto debito/Pil al 134% nel 2019 e al 135% nel 2020. Questi numeri fanno il paio con quelli resi noti dall'Istat che ha evidenziato come il tasso di disoccupazione a febbraio si a aumentato dal 10,5 al 10,7 per cento. Su base mensile gli occupati sono diminuiti di 14mila unità come saldo negativo tra i 44mila posti persi tra i lavoratori dipendenti e i 30mila guadagnati tra gli autonomi.

Su questo punto l'Ocse ha puntualizzato come reddito di cittadinanza e, soprattutto, quota 100 siano misure inefficaci per la crescita. «Gli effetti positivi del sussidio - si legge nel report - dovrebbero essere scarsi, in particolare a medio termine», mentre, «l'efficacia dipenderà in misura cruciale da sostanziali miglioramenti dei programmi di formazione e di ricerca di lavoro». In buona sostanza, il reddito di cittadinanza «rischia di incoraggiare l'occupazione informale (lavoro nero) e di creare trappole della povertà». Ecco perché si suggerisce di «abbassare e ridurre progressivamente nel tempo le prestazioni» e «introdurre un sussidio per i lavoratori occupati a basso reddito».

Ma è la reintroduzione delle pensioni di anzianità con quota 100 a preoccupare Gurría. Abrogandola, ha sottolineato, si recupererebbero «40 miliardi di euro fino al 2025» ma «da ex ministro delle Finanze so che non c'è niente di più duraturo di una misura temporanea». Tria ha cercato di rassicurarlo precisando che non è solo «una misura temporanea, ma anche sperimentale che serve per affrontare una fase di transizione» visto che la Pa «ha i dipendenti più anziani in media di tutti gli altri Paesi avanzati, è chiaro che bisognava intervenire».

La ricetta Ocse? Sostanzialmente, ha spiegato Gurría, occorre un «programma pluriennale di riforme volte a favorire una crescita solida e a conseguire un avanzo primario sopra il 2% in modo da riportare il rapporto debito/Pil su sentiero decrescente». Le misure sono note: lotta all'evasione fiscale, aumento della compliance spontanea dei contribuenti, stop ai condoni, liberalizzazione dei servizi pubblici e taglio del cuneo sul lavoro. Salvini e Di Maio da quest'orecchio non sentono. Il leader della Lega ha ribadito che «quota 100 darà un lavoro sicuro a più di 100mila giovani italiani: se mi chiedono di tornare indietro, non hanno capito nulla». Proprio Gurría, rivelando di aver discusso con il ministro del Lavoro, aveva rimarcato che «accelerare il pensionamento non crea lavoro».

In conclusione, il solito siparietto tra il vicepremier e Tria.

«Qualcuno crede che l'Italia per ripartire debba attuare politiche di austerity? Bene, le facessero a casa loro», ha commentato Di Maio. «L'Ocse non parla di austerity», ha specificato Tria che di prendere schiaffi per colpa dei suoi danti causa s'è proprio stufato.

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