Se volevamo trovare qualche traccia di «quell'andrà tutto bene» quando invece è andato tutto male in questa nostra fragile società che è stata frantumata dalla mostruosità del virus, bisognava aver pazienza e aspettare il 14 settembre. Primo giorno di una scuola che potrebbe essere l'unico argine di fronte al peggio mostrato da governo, politici di parte e di partito, sindaci l'un contro l'altro armati, amministratori incompetenti, magistrati partigiani, giornalisti faziosi, dipendenti pubblici fannulloni e furbetti del bonus. Tanta Italia accecata dal furore dell'ideologia o ancor peggio dal piccolo e meschino tornaconto personale. Per questo dopo i troppi mesi di tunnel quella luce a lungo cercata che si era prima vista nella gioia della chiusura delle terapie intensive, ieri si è rivista nei portoni delle scuole che riaprivano. Una bella scoperta, almeno dal lato scolari e genitori, non certo da quello di governo azzolino e istituzioni la cui pochezza intellettuale e politica si è vista nell'infinita diatriba sui banchi a rotelle che ha portato ad arrivare alla campanella senza professori e maestri in cattedra. E, cosa ancor più terribile, senza gli insegnanti di sostegno per i bambini portatori di handicap. Solo l'ultima dimostrazione della pochezza del governo Conte e di quell'armata Brancaleone di Pd e 5Stelle che lo tiene in piedi. E proprio per questo la prima lezione ai politici politicanti l'hanno data ieri le famiglie davanti ai cancelli che si riaprivano, esibendo quella cura quasi heideggeriana nel prendersi cura, che costituisce l'essenza più nobile di quel nucleo che, alla faccia di chi vuole distruggerlo, costituisce la radice più preziosa di qualsiasi società minimamente ordinata. E per questo orientata a raggiungere un qualche destino. Così nella fenomenologia del primo giorno di scuola, ieri le lacrime dei genitori, anche al maschile, erano difficili da decifrare, mischiate com'erano tra il classico ritorno in classe e la gioia di riacquistare qualche ora di libertà dopo tanti mesi di domicilio coatto.
«Sono partita alle 8,25 e sono arrivata a meno dieci, si può fare», diceva a Milano davanti all'entrata della scuola dedicata ad Emanuela Setti Carraro una mamma che ha accolto di buon grado l'invito del Comune a non usare auto e mezzi pubblici. I grembiuli sono candidi e perfettamente stirati, segno del rispetto per un'istituzione che merita rispetto. Indipendentemente dal ministro chiamato a guidarla.
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