Quello che si è giocato mercoledì in Olanda è solo il primo dei tre set che di qui ai prossimi sei mesi vedranno confrontarsi in Europa populisti contro europeisti. Dopo il voto di Amsterdam, infatti, i riflettori si sposteranno prima sulle presidenziali di Francia che si terranno il 23 aprile e il 7 maggio e infine sulle elezioni federali in Germania in programma il 24 settembre. Un trittico destinato ad avere conseguenze anche sulla politica di casa nostra, dove l'onda populista si è andata in questi anni ad ingrossare senza soluzione di continuità. Da un lato con i Cinque stelle, da un altro con la Lega di un Matteo Salvini che da tempo cerca di saldare un asse Oltralpe proprio con la leader del Front national Marine Le Pen.
Quel che succederà nei prossimi mesi in Europa, insomma, sarà il termometro di quel che potrebbe accadere in Italia quando, quasi certamente nei primi mesi del 2018, anche da noi si tornerà alle urne. La partita, infatti, più che essere tra destra e sinistra - o per meglio dire tra centrodestra e centrosinistra - potrebbe giocarsi proprio tra antieuropeisti da una parte e sostenitori dell'Europa dall'altra. Non è un caso che proprio ieri, all'indomani del voto olandese, ci sia stato chi ha deciso di lanciare una mobilitazione politica con lo slogan «Forza Europa». L'idea è del sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova e di Emma Bonino e l'intento dichiarato è proprio quello di opporsi alla «deriva dei neonazionalismi» e chissà che non sia un primo embrione verso un vero e proprio movimento da presentare alle prossime elezioni. È chiaro, infatti, che sarà proprio l'Ue il principale terreno di scontro della campagna elettorale. Di qui l'attenzione per quanto accade fuori dai nostri confini. Con l'Olanda che ha dato un primo segnale che va nella direzione opposta quanto accaduto prima con la Brexit e poi con l'elezione di Trump alla Casa Bianca. Il Pvv di Geert Wilders, infatti, ha sì guadagnato voti e seggi (da 15 è passato a 20 su 150), ma senza sfondare come avevano ipotizzato alcuni sondaggi. Certo, quello del premier uscente Mark Rutte - leader dei liberali del Vvd - è un successo fragile e probabilmente ci vorranno settimane prima di riuscire a formare un governo, ma il temuto sfondamento dell'ondata populista non c'è stato. Il vero appuntamento clou anche in chiave italiana, però, saranno le presidenziali francesi. Olanda e Germania, infatti, godono di una situazione economica favorevole e questo è possibile incida, mentre la Francia è più assimilabile a noi. Nonostante la frenata olandese, insomma, sarà quella la vera cartina di tornasole di come e quanto Cinque stelle e Lega potranno raccogliere il voto di protesta contro l'Europa. Con un corollario, visto che per quanto cerchi di «nazionalizzare» il Carroccio il vero e insormontabile limite di Salvini resta quello di essere percepito come un leader spendibile solo da Roma in su, mentre sotto il Tevere le sue percentuali restano da zero virgola. Detto questo, non c'è dubbio che comunque vada a finire nei prossimi mesi l'onda populista ha già nei fatti cambiato la politica. Per molti versi, infatti, la Le Pen ha già vinto. Perché - faceva notare ieri su Repubblica il politologo francese Marc Lazard - nella campagna elettorale c'è stata una forma di slittamento per cui il punto non è più sapere chi sarà il presidente più bravo, ma chi sarà il concorrente migliore contro la Le Pen al secondo turno.
Che poi è per certi versi quello che sta accadendo in Italia, dove magari non alla luce del sole, ma in molti si interrogano su quale sia la migliore offerta politica per evitare che i Cinque stelle possano arrivare a Palazzo Chigi.
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