Da Cremona a Venezia, da Cagliari a Brindisi. L'atomo sarà in mezzo a noi. Chi si aspettava future cattedrali nel deserto rimarrà deluso. Nondimeno, il nuovo nucleare, e in particolare quello da fusione, farà parte del nostro territorio, soprattutto quello più industrializzato.
È un paradigma che cambia secondo quanto emerge dal Conceptual Design Report (CDR) d Gauss Fusion, l'azienda greentech europea fondata nel 2022 per costruire la prima centrale a energia da fusione su scala commerciale del continente, partecipata dalla famiglia Malacalza tramite Hofima (Italia), Bruker Eas e Ri-research instruments (Germania), Idom (Spagna) e AlsymexAlcen (Francia).
Uno studio di mappatura dei siti a livello europeo che mette in luce come l'Italia si configuri come uno dei territori più promettenti per l'insediamento dei futuri impianti. Sui 900 siti potenziali individuati in Germania, Francia, Spagna, Svizzera, Danimarca, Paesi Bassi, Austria e Repubblica Ceca, l'Italia fa la parte del leone con localizzazioni di quasi 4 volte quelle tedesche. Esattamente 22 cluster e 196 siti potenziali.
Il Nord del Paese concentra 7 regioni hub, localizzate lungo l'asse del fiume Po tra Milano, Cremona e Venezia: un corridoio strategico che unisce forte densità industriale, adeguata capacità di rete e la presenza di infrastrutture energetiche già consolidate. In questo contesto, l'area di Cremona emerge come particolarmente favorevole grazie alla prossimità a rilevanti stazioni elettriche ad alta tensione. I nomi precisi delle località individuate non sono noti ma le province interessate, oltre a Cremona, sono Milano, Venezia, Udine, Verona, Torino, Pisa, Ravenna , Grosseto, Pescara, Roma.
Nel Sud Italia sono stati inoltre individuati 15 cluster di dimensioni più contenute, localizzati prevalentemente in prossimità delle aree costiere, che rappresentano ulteriori opportunità di sviluppo in una logica di riequilibrio territoriale e valorizzazione delle infrastrutture esistenti. Le province interessate qui sono Napoli, Brindisi, Catanzaro, Catania, Cagliari.
"I futuri impianti a fusione non saranno infrastrutture isolate, ma dovranno integrarsi nei territori, nelle filiere produttive e nelle reti energetiche esistenti. Questo studio dimostra che l'Europa - e l'Italia in particolare, con i suoi distretti industriali - dispone già delle condizioni per accelerare il passaggio dalla ricerca all'adozione della fusione su scala industriale. È un passo concreto verso un modello energetico più sicuro, competitivo e realmente sovrano", commenta Milena Roveda, ceo di Gauss Fusion.
Condotto nell'arco dell'ultimo anno, lo studio si basa su criteri di valutazione estremamente rigorosi, tra cui le condizioni geologiche sismologiche, meteorologiche, nonché la connessione alle reti elettriche esistenti.
Un peso rilevante è stato attribuito alla possibilità di riconvertire infrastrutture energetiche già operative, minimizzando così l'impatto di nuove costruzioni e ottimizzando le risorse: per questo, ex siti nucleari o centrali a carbone dismesse saranno in cima alla lista.