
Paolo Curtaz ha studiato presso il seminario di Aosta, ha conseguito il Baccellierato in Teologia presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, la Licenza di Teologia Pastorale presso l'Università Pontificia Salesiana e il Dottorato in Teologia Pratica presso la Facoltà Teologica di Lugano. Ha scritto e pubblicato oltre 50 libri di spiritualità con le edizioni San Paolo, Paoline, Claudiana, Mondadori, Piemme... Vendendo oltre 250mila copie complessive. Gli abbiamo chiesto di aiutarci a capire alcuni dei passaggi più significativi tra quelli che ruotano attorno al Conclave.
Oltre 5mila fedeli hanno partecipato stamattina alla messa «Pro eligendo» presieduta dal cardinale decano Giovan Battista Re. Che senso ha?
«Il senso si trova nel Messale romano secondo il quale il giorno di apertura del Conclave la Messa vespertina deve prevedere nelle sue orazioni una preghiera a favore del Pontefice. Quindi diciamo che quello che si è visto in piazza è accaduto in tutte le chiese».
Cosa pensa dell'omelia del cardinale Re che ha chiesto che «Il nuovo Pontefice sia un pastore che risvegli le coscienze...», un Papa che porti «La comunione e l'unità di cui ha bisogno questo tempo»?
«L'omelia è l'attualizzazione dello spirito del Messale romano che fa il celebrante. In questo caso direi che la scelta è stata quella di tenersi su una posizione che credo possa essere apprezzata da ogni credente e che si muove su una precisa linea di continuità con il papato sia di Benedetto che di Francesco. Che noi si sia in un tempo dove il mondo rischia di essere dilaniato dalla guerra e che necessità di unità, è un'evidenza. Quanto al risveglio delle coscienze il Papa come Vescovo di Roma è per i cattolici segno di unità e custode del deposito della fede... Insomma l'omelia è perfettamente nel solco di quello che ci si può aspettare in questo caso».
Il rituale del Conclave...
«Non è un rituale per essere precisi, il rituale per i cattolici riguarda altre cose. È una prassi sedimentatasi nei secoli, pensata per far in modo che l'elezione del Pontefice avvenga senza che i Cardinali siano sottoposti a pressioni e a ingerenze. È quello il senso della chiusura. Del creare uno spazio isolato e protetto. Anche dalle molte cose che si leggono sui giornali... Bilanciamenti geografici, questioni nazionali. Io credo che all'interno ci sia solo un grande sforzo per cercare di portare avanti un percorso che ha un filo rosso che si vede chiaramente passare attraverso i pontificati di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco».
Che impressione le fa vedere le persone che nella piazza aspettano la «fumata»?
«Allora, c'è un certo spazio di folclore in tutto questo. Dopo di che, rendiamoci conto che l'utilizzo sistematico della Cappella Sistina risale al 1878, e molti altri dettagli del Conclave sono piuttosto recenti, anche se sono suggestivi. Sul tema ha fissato le regole la Universi Dominici Gregis, promulgata da Papa Giovanni Paolo II nel 1996 con alcuni aggiustamenti dei suo successori».
La curiosità però è normale...
«La curiosità è giusta e più che legittima; e comprensibile per un credente, perché il Papa è un punto di riferimento per la Chiesa e
per la Fede. Il che è molto diverso dal fare il Totopapa come se fosse Sanremo. Se posso dirlo in modo un po' scherzoso il Papa non è il vertice della Chiesa, perché la chiesa è di Dio, però è l'amministratore delegato...».
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