Da «onestà» o «omertà» il passo è più breve di quanto dovrebbe. È un inciampo imbarazzante quello delle firme false, per il Movimento 5 Stelle. Quattro indagati a Bologna, tredici a Palermo, due parlamentari che dicono «no» alla prova calligrafica: i grillini offrono ancora il fianco a chi li attacca per la doppia morale: intransigenti e inflessibili con gli altri, più indulgenti verso se stessi.
Mentre i vertici del movimento restano in silenzio, lasciando al solo Luigi Di Maio il compito di richiamare i «grillini che sbagliano» («Invitiamo all'autosospensione, altrimenti prenderemo provvedimenti»), il Pd si butta sullo scandalo. Persino il premier, Matteo Renzi, non resiste alla tentazione di menare un fendente al Movimento di Beppe Grillo in diretta su Fb. Rispondendo a una domanda sulle firme da raccogliere per promuovere leggi e referendum secondo la riforma, Renzi ha canticchiato «onestà, onestà, onestà», per aggiungere: «È fondamentale che le firme siano vere e non false o contestate, ditelo al M5S». Un colpo basso. Una frecciata velenosa e non così opportuna: è di ieri la notizia della chiusura indagini da parte della Procura di Campobasso per una vicenda di firme false alle ultime regionali. Sei indagati e due richieste di rinvio a giudizio per amministratori, stavolta, di centrosinistra.
Sia come sia, il pasticcio a Cinque Stelle sull'asse Bologna-Palermo è tutta farina del Movimento, e continua a far rumore. Il focus si è nuovamente spostato dall'Emilia in Sicilia, dove sono sfilati in procura i parlamentari grillini Claudia Mannino e Riccardo Nuti, gli esponenti più in vista - con l'altra deputata, Giulia Di Vita - tra i 13 indagati per le presunte firme false per le elezioni comunali del 2012.
La strategia difensiva scelta dai due politici pentastellati ha ammantato l'indagine di un certo profumo di omertà: tanto la Mannino quanto Nuti hanno scelto infatti di restare in silenzio di fronte alle domande dei pm Dino Petralia e Cladia Ferrari, rifiutandosi inoltre entrambi (e con loro anche il marito della Mannino, Pietro Salvino, anch'egli tra gli indagati) di sottoporsi al saggio grafico, l'esame necessario alla procura a paragonare la scrittura degli indagati alle firme raccolte dal M5S e ritenute false.
Sabato scorso, invece, due «pesci piccoli» del movimento indagati dalla procura, le attiviste pentastellate Alice Pantaleone e Samantha Busalacchi, avevano accettato di prestarsi alla prova calligrafica con i periti della procura senza sollevare questioni di sorta.
Quanto alla Di Vita, la terza parlamentare indagata ha affidato il suo commento alla rete: «Non c'entro nulla, chi mi accusa ne risponderà». Ma al momento è lei a rispondere a chi l'accusa, ossia i pm: «Ho già parlato con loro per un'ora e mezza», spiega Di Vita. Ma potrebbe presto essere sentita di nuovo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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