Lo scaricabarile - prevedibile, forse inevitabile - tra procuratore, questore, prefetto, sicuramente non riporterà in vita Alessia Della Pia, ammazzata brutalmente domenica sera a Parma da un uomo che in Italia non poteva starci, perché era un malavitoso espulso dal Paese. Sarà però utile per cercare di capire come sia stato possibile che una follia del genere sia potuta accadere e che Mohammed Jella, 27 anni, una sfilza di precedenti penali e mai un lavoro degno di questo nome, continuasse vivere nella città emiliana senza che nessuno si preoccupasse di tradurre in fatti concreti il decreto di espulsione che gli era stato notificato tre mesi fa, quando era uscito dal carcere dopo avere scontato l'ennesima condanna, stavolta per rapina. E non si può dire che fosse uccel di bosco, un nome senza volto perso chissà dove nell'oceano dei clandestini e degli irregolari. Perché 'ultima volta lo avevano fermato pochi giorni fa, con una bicicletta rubata e un po' di droga in tasca. E lo avevano lasciato andare con tante scuse.Così, Jella è potuto tornare nella casa di via Bersaglieri dove viveva con Alessandra, e dove le sue brutalità nei confronti delle donne che avevano la sventura di accompagnarsi con lui erano ben note ai vicini. La casa era di Alessia, suo era il nome sulla cassetta delle lettere, ma Mohammed vi si era impiantato da padrone, vi riceveva altre donne, e i suoi maltrattamenti avevano per vittima non solo Alessia, ma anche altre ragazze. Nessuno aveva mai sporto denuncia: anche quando i vicini avevano dovuto chiamare le forze dell'ordine, che nell'appartamento avevano trovato Mohammed e una ragazza, entrambi con i segni di uno scontro fisico addosso. Ma anche quella volta, nessuno aveva pensato di mettere Jella sul primo aereo per la Tunisia.E così, di inerzia in tolleranza, si arriva a domenica sera, quando nell'androne del palazzo viene trovato dai vicini il corpo privo di conoscenza di Alessia, trentotto anni, un figlio di venti, e alle spalle una vita difficile. La donna è in condizioni pietose, gli abiti strappati e inzuppati d'acqua, il volto coperto di lividi, i segni di percosse e del tentativo di difendersi. I lettighieri cercano di rianimarla sul posto, ma è troppo tardi. Alessia viene dichiarata morta. Parte l'indagine per omicidio volontario, e parte finalmente la caccia a Jella. Ma è tardi, forse irrimediabilmente tardi. Fino a ieri sera le ricerche, ormai estese a tutta Italia e con i posti di frontiera allertati, restano senza risultato. Nel fascicolo affidato al pm Andrea Bianchi prende forma una nuova, brutale storia di femminicidio. Che però si tinge di una luce ancora più indigeribile ieri mattina, quando la Gazzetta di Parma, il quotidiano locale, rivela che l'uomo cui carabinieri e polizia stanno dando la caccia, era per la giustizia tutt'altro che uno sconosciuto: il giornale enumera tutti i precedenti penali di Mohammed Jella, e soprattutto rende noto la storia del decreto di espulsione emesso e mai attuato. «C'è un ricercato, ma il latitante è lo Stato», si intitola l'editoriale del quotidiano.
Nelle prossime ore, dovrebbero arrivare i risultati dell'autopsia, che forse chiariranno come è stata uccisa la donna, dando anche un senso a quei vestiti fradici: è stata annegata? O dopo averla scaraventa in acqua il suo aggressore l'ha ammazzata di botte? E come è arrivata Alessia nell'androne di casa: un estremo tentativo di fuga, o vi è stata scaraventata dall'assassino? Interrogativi doverosi. Ma intanto si dovrà scavare anche sull'altro interrogativo che da ieri incombe sulla sua morte: perché Mohammed Jella era ancora qui?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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