Londra Si sono incontrati a Thornton Manor, vicino a Liverpool, e si sono parlati per due ore. Boris Johnson e Leo Varadkar, il primo ministro irlandese, hanno tenuto tutti i collaboratori fuori dalla stanza e hanno cercato di sciogliere il nodo Brexit che assilla il Regno Unito, l'Irlanda e l'Europa tutta da più di tre anni. Dopo il confronto privato e un'altra ora di discussioni alla presenza delle rispettive squadre è stata rilasciata una dichiarazione congiunta che lascia intravedere una luce alla fine del tunnel: è stata «una discussione dettagliata e costruttiva. Entrambi continuano a credere che un accordo sia nell'interesse reciproco. Sono d'accordo che si può vedere un sentiero verso un possibile deal». È nell'indole di Johnson essere uso a un atteggiamento ottimista, anche per differenziarsi dalla seriosità di Theresa May. Ma che un tono simile sia stato adottato anche dall'Irlanda, lo stato di gran lunga più colpito da un eventuale no-deal, fa sperare che questa volta un po' di ottimismo possa essere fondato. La sterlina si è apprezzata immeditamente dell'1 per cento, i mercati scommettono in un accordo.
Al termine dell'incontro il primo ministro irlandese, incontrando da solo i giornalisti prima di ripartire per Dublino, ha sottolineato di essere «assolutamente convinto che sia l'Irlanda che la Gran Bretagna vogliano un deal» che sia nell'interesse di tutti. «Vedo un sentiero verso un accordo nelle prossime settimane». Una positività di giudizio sorprendente e nuova da parte di colui che è il più attento vagliatore delle proposte di Londra. Al centro dell'incontro di ieri c'erano i due principali punti di attrito della nuova proposta inglese per superare lo stallo della backstop: come consentire ai cittadini dell'Irlanda del Nord di esprimersi sull'accordo e sul suo rinnovarsi periodicamente; la permanenza dell'Ulster all'interno dell'unione doganale europea, come vorrebbe Bruxelles, o invece la sua uscita, come richiesto da Londra, per poter essere autonoma nel perseguire accordi commerciali con Paesi terzi.
I dettagli discussi ieri non sono ancora noti, pare tuttavia che ci siano state delle concessioni di Londra sulla questione doganale. Fin dove Johnson si sia spinto è un punto fondamentale per capire se la nuova, eventuale proposta possa avere l'appoggio degli unionisti nordirlandesi del DUP e dell'ala più antieuropea del suo partito. Dovesse mancare, il governo dovrà sperare di convincere decine di parlamentari labouristi a sostenere la bozza di accordo.
È la stessa situazione in cui si è venuta a trovare Theresa May per ben tre volte, la differenza ora è che Londra ha battuto da settimane sul chiodo no deal come unica alternativa. Che sia la volta buona? Mancano venti giorni.
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