L'Ong poteva andare a Malta ma è venuta in Italia

Ricostruiti i tragitti della nave che avrebbe potuto sbarcare sia a La Valletta che in Spagna

L'Ong poteva andare a Malta ma è venuta in Italia

Se Matteo Salvini va processato per il «sequestro» della nave di Open arms dovrebbe essere in buona compagnia. Non c'è dubbio che il primo agosto dello scorso anno il leader leghista, come ministro dell'Interno, intimava l'altolà alla nave della ong spagnola carica di migranti in accordo con il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Danilo Toninelli, ambedue grillini. E informando il presidente del Consiglio di allora e di oggi, Giuseppe Conte. Il «divieto di ingresso, transito e sosta» nelle acque territoriali italiane derivava dai decreti sicurezza approvati in maniera collegiale dal governo e ancora validi.

Nel mondo alla rovescia dove un ministro va a processo per avere cercato di fermare gli sbarchi e le Ong fanno quello che vogliono si è perso di vista il caso, che ha scatenato tutto. Il primo agosto dello scorso anno Open arms aveva raccolto in mare 55 persone in aerea di ricerca e soccorso libica, senza che nessuna autorità, tanto meno italiana avesse ordinato o concesso l'autorizzazione. Il 2 agosto gli spagnoli recuperavano altri 69 migranti in acque di competenza maltese. Il comandante di Open arms non si è mai sognato di dirigersi verso il suo paese e neppure Malta, che si opponeva allo sbarco, ma alle 22.50 del 2 agosto inviava una richiesta di Pos (luogo sicuro di sbarco) a Roma indicando come porto più vicino Lampedusa. Non solo: il 9 agosto faceva salire a bordo altri 39 migranti intercettati sempre in acque maltesi. Su Open arms c'erano 163 persone nonostante la nave fosse abilitata a portarne solo 19. E di fronte all'offerta di Malta di far sbarcare l'ultimo carico di migranti il comandante si rifiutava sostenendo che dividendoli potevano scoppiare «rivolte e disordini a bordo».

Open arms è entrata comunque in acque italiane grazie al maltempo. Una pattuglia di avvocati con un ricorso al Tar è riuscita a forzare la mano e provocare uno scontro epistolare via mail fra Conte e Salvini sullo sbarco dei minori. Alla fine i 27 minori o presunti tali sono stati fatti scendere il 17 agosto. Una volta a terra si è scoperto che 9 erano maggiorenni. Neanche l'offerta della Guardia costiera di scortare la nave fino in Spagna, stato di bandiera, e l'invio di un'unità della marina militare di Madrid per recuperare i migranti ha fatto desistere Open arms dal mantenere il braccio di ferro con Salvini. Alla fine la procura di Agrigento intimava il sequestro della nave per fare sbarcare tutti i migranti rimasti a bordo.

Il vicecapo di gabinetto del ministro dell'Interno, prefetto Paolo Formicola, in una nota faceva notare che «la complessiva condotta della Open arms rivelava l'intento di porre in essere un'attività volta al preordinato e sistematico trasferimento illegale di migranti in Italia». Chi ha mandato a processo Salvini non sembra averne tenuto conto. E ancora meno si è preoccupato che il comandante di Open arms, Marc Reig Creus e la capomissione Ana Isabel Montes Mier, fossero stati rinviati a giudizio il 4 luglio 2019 dalla procura di Ragusa per uno sbarco imposto precedente del 18 marzo 2018 durante gli ultimi giorni del governo Gentiloni. Il reato contestato è quello di violenza privata funzionale al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina per avere fatto sbarcare a Pozzallo 216 migranti. Gli eventi dimostrano, secondo la procura, come «l'unico vero obiettivo dell'Ong non fosse quello umanitario di salvare i migranti, ma () di portarli ad ogni costo in Italia in spregio alle regole». Copione molto simile al caso Salvini con la differenza che l'ex ministro dell'Interno è stato mandato alla sbarra nel giro di un anno dai fatti.

Il processo di Ragusa contro il comandante e la capo missione del «metodo Open arms», fra covid e rinvii, non è ancora entrato nel vivo. La prossima udienza è prevista a novembre, due anni e otto mesi dopo lo sbarco imposto all'Italia.

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