Il gip "piegato" ai magistrati. Tutte le storture del caso Milano

Il giudice di Milano non ha fatto da filtro ma ha sposato in toto la linea dell'accusa

Il gip "piegato" ai magistrati. Tutte le storture del caso Milano

Le carte del gip di Milano sembrano uno spot a favore della separazione delle carriere. Il giudice per le indagini preliminari non è il terzo pm, e lo dice da sempre la Corte costituzionale (n. 88/1991, per citarne una) in quanto dovrebbe valutare autonomamente e criticamente la richiesta cautelare: deve fare da filtro, non da amplificatore. Qui, invece, il filtro si è rotto, e al posto di una motivazione abbiamo una narrazione drammatica, stereotipata e retorica. Lette le carte, viene solo da ripeterlo: in questa storia non ci sono tangenti, non ci sono mazzette e soldi in nero né favoritismi illeciti, non ci sono intercettazioni dove qualcuno dice "ti do questo se mi dai quello", non c'è nulla di nascosto e tutto si svolge alla luce del sole negli uffici pubblici, nelle commissioni, nei verbali, nei progetti e nelle delibere, nella normalità e nella legalità.

Eppure c'è della gente agli arresti, e ballo non ci sono solo faccende elettorali di destra o di sinistra, come invece sembra preoccupare partiti e giornali: c'è una magistratura che non è di destra, non è di sinistra ma sta riposizionandosi come grande gendarme del nostro modello di sviluppo, questo nell'urbanistica come nell'immigrazione, per citarne due. Sì, vien da ripeterlo: oggi un lavoro che ieri era legale è diventato un reato, e se tu continui a svolgerlo (da indagato) rappresenti un pericolo sociale perché potresti reiterare il reato o inquinare le prove, in altre parole potresti fare ciò che facevi prima e che oggi vale arresti e titoli di giornale anche disgraziati, come quel "Saltano fuori anche droga e armi" stampato da un quotidiano che non vogliamo citare, ma che per una volta non è Il Fatto Quotidiano.

Il gip ha firmato un'ordinanza di 400 pagine (tra l'altro in pochi giorni: come ha fatto?) che sembra scritta dagli inquirenti stessi, stesse tonalità immaginifiche e senza un dubbio, senza un soprassalto. E lo ha fatto con uno zelo che richiama la stagione di Mani Pulite, quando il gip Italo Ghitti più stringatamente scriveva ordinanze che trasformavano il giudice delle garanzie in co-autore delle indagini. L'unico atteggiamento veramente "supino" è il suo, altro che Marinoni e ingegneri e architetti che "non si oppongono abbastanza": il gip, infatti, scrive che Marinoni "non è allettato da nulla, né tantomeno coartato" ma conclude che comunque ha "accettato supinamente" le pressioni dei colleghi, ergo: se non sei corrotto, sei remissivo: se non sei costretto, sei debole. Tutto questo in un quadro in cui non c'è dolo, non c'è concorso, non c'è scambio: c'è solo la valutazione soggettiva di un atteggiamento fatta da un magistrato, c'è la presunzione che "cedere" a dinamiche interne a un ufficio sia sintomo di un reato. Una sociologia penale applicata a una giurisprudenza creativa.

Tutto questo oltretutto viola un principio noto persino a qualche giornalista: quello di tassatività e determinatezza della fattispecie incriminatrice (art. 25, comma 2 della Costituzione) secondo il quale non si può punire ciò che non è chiaramente vietato, né si può estendere la nozione di reato per analogia, o, peggio, per interpretazione soggettiva. Lo dice anche Cassazione quando impone che "la misura cautelare deve fondarsi su elementi concreti, non su valutazioni generiche o prognosi astratte". In questo caso, invece? Qui la funzione pubblica diventa un crimine in potenza, e non manca il momento grottesco: la Commissione per il Paesaggio organo consultivo, previsto dalla legge, composto da tecnici è definita "fulcro delle patologie urbanistiche del Comune di Milano". Patologie. Roba da antimafia, non da ordinanza su pratiche edilizie. Il grande gendarme ha deciso che ciò che è discrezionale e non automatico sia per definizione sospetto. Non ci sono tangenti? Non importa. Ci sono "rapporti", ci sono "pressioni" e "commistioni". C'è anche una città che funziona, ma deve esserci qualcosa sotto.

L'anno scorso la riforma Nordio ha introdotto l'interrogatorio preventivo nei casi in cui si chieda l'arresto per possibile reiterazione del reato: doveva servire a rafforzare il contraddittorio, ma qui non è servito a niente. Tutti gli indagati hanno parlato o depositato controdeduzioni, atti, spiegazioni. Avevano tutti torto, evidentemente. E i pm avevano tutti ragione.

In questo sfondo, Milano diventa un gigantesco corpo del reato: i suoi grattacieli, il suo Pil cresciuto dell'8 per cento, le sue procedure veloci e i suoi investitori. Troppo sviluppo e troppa efficienza. Dov'è il danno? L'aumento degli affitti? Chi guadagna poco? Tutte questioni degnissime, ma che non riguardano la materia penale, quindi neanche la libertà personale di cittadini che sino a ieri sembravano rispettabilissimi, e, a ben vedere, lo sembrano ancora.

Non sembra un'inchiesta penale: sembra una campagna ideologica travestita da indagine, sembra il diritto piegato a una visione moralistica della pubblica

amministrazione. Sembra, dicevamo, uno spot a favore della separazione delle carriere nonché un riposizionamento della magistratura all'interno di un ordine democratico come grande gendarme del modello di sviluppo. Se vi pare poco.

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