Lorenzin si fa il partito personale. Ma inciampa su logo e premier

Gli ex Dl avvertono: «La Margherita non può essere utilizzata»

Lorenzin si fa il partito personale. Ma inciampa su logo e premier

Roma - Beatrice Lorenzin svela il sogno nel cassetto: il ministro della Salute dei governi Letta, Renzi e Gentiloni, eletta in Parlamento nelle liste del Pdl, s'è stufata del ruolo di eterna pupilla. Prima di Silvio Berlusconi. E poi di Antonio Tajani e Angelino Alfano. Ora la Lorenzin punta in alto. Al grande salto. Al ruolo di leader nazionale. Di portabandiera di una nuova lista centrista, Civica Popolare, che alle prossime elezioni politiche correrà in coalizione con il Pd di Matteo Renzi. Nel simbolo della neoformazione, oltre alla Margherita, che ricorda la creatura politica di Francesco Rutelli, ci sarà anche il nome di Beatrice Lorenzin. Un nome, una garanzia. Di successo o insuccesso lo si saprà solo il 4 marzo quando gli italiani andranno al voto per eleggere il nuovo Parlamento. Ma il ministro della Salute non ha dubbi; è certa che il brand Lorenzin possa scaricare migliaia di voti alla lista centrista nata dalla fusione di cinque sigle: Ap, Centristi per l'Europa, Democrazia Solidale, Italiapopolare e Idv. Il primo voto sarà proprio della Lorenzin che, notando il proprio nome sulla scheda elettorale, non potrà non barrare il simbolo di Civica Popolare. I fondatori del nuovo partito non hanno avuto esitazioni nel scegliere il marchio Lorenzin. Anche perché gli altri, Giuseppe De Mita (Italia Popolare) e Pier Ferdinando Casini (Centristi per l'Europa) sono un po' datati. Il tentativo di inserire nel logo il nome di Paolo Gentiloni è fallito per due motivi: il primo, il veto sia del premier che del segretario Pd Renzi; il secondo, la legge impone di indicare nome e cognome del portabandiera della lista al momento della presentazione della lista. E sarebbe stato quasi comico, più della scelta di Lorenzin leader, collocare nel simbolo il nome di un esponente di primo piano di un altro partito.

Dunque, la virata, decisa e convinta, su Lorenzin. Un brand che i nuovi centristi renziani quotano (non si sa per quale motivo) oltre il 3%; la soglia fissata dalla legge per entrare in Parlamento. Una certezza che si scontra con la popolarità, in picchiata, del ministro. Certamente, il nome Lorenzin è conosciuto nel Lazio. Nella Regione in cui il ministro è stato eletto parlamentare grazie ai voti di Berlusconi. A dir il vero, il nome Lorenzin è conosciuto anche oltre i confini laziali. Non per i risultati (sconosciuti) nel campo della sanità ma per un paio di gaffe che l'hanno resa indimenticabile. La palma d'oro spetta alla fallimentare campagna del ministero della Salute per promuovere le nascite in Italia. Il sito è stato chiuso dopo poche ore a causa delle critiche subite sui social. L'ultima grana riguarda invece proprio il simbolo.

Roberto Montesi, capo del collegio di liquidatori della Margherita, fa sapere che nessuno ha autorizzato Beatrice Lorenzin. «Si può usare solo a livello locale non alle elezioni legislative. Il marchio è tutelato». Insomma, il ratto della Margherita.

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