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L'ospedale in Fiera fa litigare medici e Pirellone

Il primario Pesenti: "Dopo l'emergenza si può chiudere". La Regione: "Prima il piano strategico"

L'ospedale in Fiera fa litigare medici e Pirellone

Per fortuna la situazione sta nettamente migliorando, la curva dei contagi scende e il bollettino dei ricoverati in terapia intensiva ha segno negativo. La maxi «scialuppa di salvataggio» per usare le parole di Antonio Pesenti, primario di Anestesia e rianimazione del Policlinico di Milano e coordinatore delle Terapie intensive dell'Unità di crisi della Regione continuerà la sua missione. La struttura da 205 posti letto di terapia intensiva, costata 21 milioni di euro frutto di donazioni private, ha ospitato finora soltanto 25 degenti, al momento 3 i pazienti ricoverati. Il maxi ospedale, realizzato nei due padiglioni del Portello messi a disposizione gratuitamente in comodato d'uso per sei mesi dalla Fondazione Fiera Milano e sotto la supervisione di Guido Bertolaso, chiamato dal governatore lùmbard Attilio Fontana a traghettare l'opera al traguardo, il 6 aprile, rimarrà un punto di riferimento, la «nave madre» più che una scialuppa.

La logica con cui Pesenti ieri ha parlato della futura dismissione dell'ospedale, prontamente smentite dalla presidenza della Regione, è quella di un medico: «Ha mai preso un traghetto? Sui traghetti ci sono le scialuppe di salvataggio. Che senso ha avere delle scialuppe di salvataggio? Noi abbiamo chiesto di avere a disposizione dei letti nel caso l'epidemia avesse continuato a crescere. Al 10 di marzo spiega a Fanpage.it nessuno poteva prevedere dove si sarebbe fermata l'epidemia. Sa che c'erano delle previsioni catastrofiche: fino a 140mila posti di terapia intensiva occupati in Italia. Noi siamo soltanto dei medici prosegue Pesenti e davanti al continuo aumento della richiesta di posti letto abbiamo chiesto alla Direzione Sanità della Lombardia di trovare delle soluzioni. Come hanno fatto i cinesi, gli inglesi, gli spagnoli: preparare delle terapie intensive di emergenza».

La soluzione è stata trovata a tempo record grazie alla forza e dalla determinazione di tutti coloro che hanno partecipato alla titanica impresa, dagli operai che hanno lavorato 24 ore su 24 a chi si è occupato di reperire macchinari, Cpap e respiratori ai i medici che hanno dato al loro immediata disponibilità. Per due posti letto di terapie intensiva, infatti, servono circa 50 persone sulle 24 ore: 3 anestesisti, una decina di infermieri, tecnici di laboratorio, due operatori sociosanitari, un radiologo, un fisioterapista e un farmacista. Un dispendio di energie e di risorse, che è servito a curare «solo» 25 pazienti, che si aggiungono alle migliaia nei vari reparti Covid degli ospedali lombardi, ma che sarà preziosissimo in futuro, consentendo di farsi trovare pronti. L'assessore regionale al Welfare Giulio Gallera spiega che a breve verrà articolata «una delibera sulla riorganizzazione della rete lombarda che prevede il ritorno alla normalità per le strutture ospedaliere, con la ripresa delle attività ambulatoriali e chirurgiche, come in parte sta avvenendo, e la realizzazione di una rete di ospedali Covid che entreranno in funzione nel caso si dovesse verificare un'ondata di ritorno dell'epidemia.

Ci siamo trovati a dover gestire un'emergenza straordinaria, ora saremo pronti con ospedali scialuppe Covid, permettendo agli altri nosocomi e reparti di portare avanti parallelamente anche l'attività ordinaria».

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