Per combattere l'Isis «occorre una strategia», che dunque al momento non c'è. Lo dice alquanto chiaramente Matteo Renzi dal G20 di Antalya, e le parole del premier italiano segnalano una posizione cauta e assai diversa, se non distante, da quella del presidente francese Hollande che più o meno nelle stesse ore parla apertamente di «guerra» davanti al Parlamento di Parigi.
Anche se davanti a Montecitorio i parlamentari riuniti in piazza cantano la Marsigliese (oltre agli inni italiani ed europeo) durante una cerimonia per ricordare le vittime della strage parigina, la linea del governo italiano è attestata su una posizione di estrema prudenza che non mostra al momento assonanze con la posizione dura e aperta all'opzione militare del governo francese. È il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ad illustrarla nel tardo pomeriggio davanti ad un'aula raramente così affollata di lunedì, insieme ad Angelino Alfano, che evoca addirittura il rischio di «attacchi dall'alto tramite droni» durante il Giubileo. Nell'esecutivo spicca la differenza di toni tra lo stesso Gentiloni e la titolare del ministero della Difesa, l'unica ad evocare esplicitamente, sia pure come eventualità, la necessità di partecipare ad interventi militari: «Se sarà necessario gli aerei italiani parteciperanno ai raid contro le postazioni dell'Isis», diceva ieri mattina Roberta Pinotti in un'intervista al Messaggero. «Se l'alleanza di cui facciamo parte decide che quello è l'elemento più utile per mettere in sicurezza la popolazione irachena, può essere uno strumento.
Non è un tabù e non è detto che in futuro non lo riterremo necessario». Toni diversi da quelli di Gentiloni, secondo il quale «l'importante è reagire a queste azioni di guerra senza sentirsi in guerra anche noi. Sarebbe il regalo più grande che possiamo fare ai terroristi». Certo, dice Gentiloni, «l'Italia fa la sua parte nella coalizione anti Daesh: facciamo molto, ma dobbiamo dirci che dobbiamo fare di più». Ma «non è il momento di entrare nei dettagli».Ad Antalya, Matteo Renzi incontra Putin e poi partecipa al vertice con Usa, Francia, Germania e Gran Bretagna. Poi parla con i giornalisti, e diventa chiaro che l'Italia è attestata su una linea cauta, più vicina alle posizioni degli Usa di Obama che all'interventismo francese. Anzi, il premier fa anche un accenno esplicito al caso della Libia, dove fu proprio la Francia a dare il via all'intervento, come «simbolo di come le cose non devono andare».
Perché, spiega, «si sono fatti raid e non si è costruita una strategia. E da quattro anni la Libia è terra di nessuno». Visti quegli errori (francesi) del passato, bisogna stare attenti: «Non si risponde con un atto d'istinto. Occorre essere molto determinati e molto duri. Ma occorre saper dire alla gente che la questione non si risolve con uno schiocco delle dita. Servono mesi e anni. Occorre una strategia e un approccio complessivo». Che al momento, appunto, non ci sono.Di fronte alla linea sfumata del governo, le opposizioni attaccano, accusando Renzi di tentennare e di non avere una strategia chiara, e rimettono in discussione quella «unità nazionale» sollecitata dal premier nelle prime ore post-massacro, quando ha riunito a Palazzo Chigi tutte le forze politiche.
Spiega il capogruppo di Forza Italia Paolo Romani: «Noi siamo disponibili all'unità, ma a fronte di una presa di posizione forte e decisa di Hollande, da noi Renzi non spiega quali sono le sue intenzioni. La Francia ha dichiarato guerra all'Isis, l'Italia, che non è stata colpita mentre è stato colpito questo suo alleato, cosa intende fare?».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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