"Lucano voleva il potere, si sentiva un Padreterno. E i fondi spostati ci sono"

Il procuratore di Locri: "Abbiamo il dovere di perseguire i reati. Le prove? Vastissime"

"Lucano voleva il potere, si sentiva un Padreterno. E i fondi spostati ci sono"

La sinistra che osanna il modello Riace è tutta contro di lui: il procuratore di Locri, Luigi D'Alessio, l'uomo che ha avuto il coraggio di far arrestare il sindaco Mimmo Lucano. Ma lui non ha paura ed è pronto a far valere i risultati della sua inchiesta.

Procuratore, il Gip ha smontato parte di ciò che lei sostiene. È sicuro che le indagini su basino su fatti importanti?

«La portata probatoria era vastissima, la richiesta di circa un migliaio di pagine. Io non so se il giudice sia rimasto schiacciato dalla quantità e non abbia esaminato completamente il materiale. Poi può essere anche che ci sbagliamo noi, la dialettica va rispettata. Ma impugneremo il provvedimento del giudice, rappresentando al tribunale del riesame tutto gli aspetti che il giudice non ha valutato. Non credo che un anno e mezzo di indagini condotte con acquisizione di materiali documentale, di deposizioni, possa essere ritenuta così, brutalmente superficiale. Né noi avevamo alcuna volontà di perseguitare o perseguire qualcuno se non vi fossero stati gli elementi da noi ritenuti idonei».

Indagare Lucano non è quindi una scelta politica, ma basata su fatti concreti, giusto?

«Ma non scherziamo neppure. Non so se strumentalmente o no, si fa confusione tra il progetto e la persona che quel progetto porta avanti. Noi abbiamo il dovere di perseguire reati e se nel portare avanti questo progetto una persona commette dei reati, la Costituzione ci impone di perseguire quella persona. Il colpevole eventualmente è Lucano non la Procura che lo persegue per questo».

Perché in Italia è sempre colpa della magistratura, quando si arresta qualcuno?

«Credo sia il destino delle azioni giudiziarie. Abbiamo il dovere di andare avanti per la nostra strada quando crediamo nell'efficacia di quello che facciamo.Noi abbiamo semplicemente il dovere di perseguire reati nella consapevolezza che ci si può anche sbagliare, non siamo Padreterni, ma non lo è neppure Lucano che probabilmente si è ritenuto una specie di monarca di Riace nel momento in cui, pur essendo sindaco, ha pensato di fregarsene delle leggi e fare quello che gli pareva».

Che può dire della parte economica del provvedimento?

«Vi sono delle responsabilità contabili, di cui si occuperà probabilmente la Corte dei conti. Se tu prendi dei soldi dallo Stato, che tu dovresti rappresentare, e non fai la rendicontazione di come li spendi, hai una responsabilità contabile. Vi è poi una serie di elementi che riteniamo aver acquisito riguardo alla distrazione di fondi che non sono rendicontati e giustificati da alcunché e da fatture per operazioni inesistenti che a nostro avviso ci inducono a ritenere che lui abbia distratto».

Ma si è intascato soldi?

«A noi non interessa tanto se se li sia intascati, li abbia affidati a qualcuno o li abbia utilizzati per altri scopi. Potrebbe anche solo essere questione non economica, ma di prestigio personale, di acquisizione di potere all'interno del Comune».

Saviano, la Boldrini, Lerner e altri, però, lo difendono. Che vorrebbe dire loro?

«Di non commettere l'errore di individuare nell'eroe Lucano quella che è la rappresentanza di un progetto. Perché se crolla poi l'eroe dal piedistallo crolla anche chi vi si è aggrappato addosso».

Avete appurato legami con la criminalità locale?

«Se avessimo avuto il sospetto di legami di stampo mafioso avremmo passato tutto alla Dda».

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