Comprensibilmente, in Europa non piace granché il gioco delle tre carte degli italiani, che da una parte si presentano a Bruxelles col capo coperto di cenere ad implorare di evitarci la procedura di infrazione. E dall'altra spacciano «numerini» finti destinati solo a imbrogliare gli allocchi (2,04 anziché 2,4) e fanno i gradassi in patria raccontando che non cambiano una virgola e le spese pazze previste ci saranno tutte.
Va bene la ordinaria spregiudicatezza della politica, ma come si fa a fidarsi di chi fa sempre due parti in commedia? Così il commissario francese Moscovici si prende il ruolo del poliziotto cattivo e ricorda al governo italiano che è meglio non vendersi la pelle dell'orso prima di averlo catturato: «L'Italia dovrebbe compiere ulteriori sforzi per il Bilancio 2019», dice, per ricordare che la trattativa non sarà chiusa finché i termini dell'accordo saranno ufficiali e chiari. Quello degli italiani, che finalmente si sono seduti - sia pur fuori tempo massimo - al tavolo è certo «un passo nella giusta direzione», ma «ancora non siamo giunti a conclusione: ci sono ancora dei passi da fare, forse da entrambe le parti». A Palazzo Chigi, dove devono aver finalmente realizzato (con l'aiuto del Quirinale) che la situazione è seria e l'Italia è appesa ad un filo, si evita di rispondere polemicamente: «il premier è concentrato sul negoziato», spiegano i suoi portavoce. I suoi due vice stilano un comunicato, firmato Salvini&Di Maio, in cui gli danno «piena fiducia» per la conduzione della trattativa, ma poi si aggiunge che il governo gialloverde «manterrà fede agli impegni presi» e che reddito di cittadinanza e quota 100 «resteranno invariati», come se i tagli non esistessero.
Nel frattempo, a Bruxelles, il ministro Tria incontra a lungo il suo referente della Commissione europea, ossia proprio Moscovici. E magari gli suggerisce anche di mandare messaggi più concilianti, per evitare di dare alibi a chi vorrebbe mandare all'aria tutto dando la colpa dei disastri sui mercati ai cattivi europei. Tanto più che contemporaneamente Moscovici ha spiegato che Macron può sforare il 3% purché lo sforamento sia «più limitato possibile» e «temporaneo», dando subito la stura alle denunce dei nostrani sovranisti che (ignorando il debito e lo spread enormemente inferiori di Parigi) attaccano il «doppiopesismo» europeo.
Moscovici quindi butta acqua sul fuoco: lo sforzo dell'Italia è «apprezzabile e consistente», c'è la «volontà di arrivare a una soluzione comune e condivisa, manca ancora qualche sforzo», «andiamo avanti con il dialogo». Spiega di essere stato «frainteso» nel precedente intervento: «Ho detto che bisogna fare degli sforzi, ma in che senso? Degli sforzi di dialogo, degli sforzi di discussione, non ho parlato di cifre». Certo l'esecutivo Ue «continua a preparare la procedura ma la nostra prospettiva non è una procedura, è arrivare a un accordo», e l'incontro con Tria è stato «molto positivo».
Anche il «falco» Timmermans, vicepresidente olandese della Commissione, usa toni soft: «Speriamo di trovare una soluzione con l'Italia, il dialogo è in corso ed è positivo», e di certo «non ci saranno due pesi e due misure» con la Francia, assicura.
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sera Tria incontra il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, e fa sapere che si fermerà a Bruxelles «fino a quando non sarà raggiunto un accordo». La deadline è domenica: poi la manovra «vera» va presentata in Senato.
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