L'Ue s'intromette ancora E vuole condannarci a processi senza fine

La Corte del Lussemburgo: niente prescrizione se l'Europa viene frodata. La Consulta dice no

L'Ue s'intromette ancora E vuole condannarci a processi senza fine

Per l'Europa l'imputato, accusato di frode ai danni della Ue, deve essere assolutamente processato. Per l'Italia invece l'uomo dovrebbe già essere fuori dai radar della giustizia, in salvo oltre la linea della prescrizione. Ma Lussemburgo, dove ha sede la corte della Ue, non accetta questo finale: va cosi in scena un duello senza precedenti fra Roma e il Granducato. L'altra sera, ultima puntata: la Corte Costituzionale rimanda la palla indietro, chiedendo spiegazioni agli illustri colleghi.

Certo, la vicenda del signor Taricco, come viene chiamato il protagonista nel via vai di carte, è simbolica e rischia di passare alla storia perché è la prima volta che gli eurogiudici chiedono ai nostri magistrati di disapplicare le norme tricolori, permettendo al procedimento di andare avanti fino al verdetto. Uno scenario inquietante, anche se diluito in ragionamenti ultratecnici e dispute giuridiche, con la Corte decisa a resistere: in ballo infatti non c'è solo la sorte di un imputato, ma il sacrosanto principio di legalità. Inderogabile anche quando di mezzo c'è l'Europa.

Nell'ordinanza appena depositata la Corte costituzionale cosi riassume il braccio di ferro: «La Corte europea ha affermato che l'articolo 325 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea impone al giudice nazionale di non applicare le norme italiane quando ciò gli impedirebbe di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell'Unione».

Insomma, l'Europa prima di tutto. Ma la Consulta non ci sta e sia pure con passo felpato e toni diplomatici sbarra la strada, sventolando un bene prezioso che con questa invasione di campo potrebbe essere calpestato: il principio di legalità. Qualcosa che non può essere messo in discussione. È esattamente il punto sottolineato dalla Corte d'Appello di Milano e dalla Cassazione che hanno sollevata la questione: essi «dubitano che questa soluzione sia compatibile con i principi supremi dell'ordinamento costituzionale italiano e con il rispetto dei diritti inalienabili della persona». Ecco il punto infiammato e il cuore della diatriba: pur di portare Taricco alla sbarra l'Europa sembra non tenere nella doverosa considerazione i suoi diritti fondamentali e dunque apre una pericolosa breccia nella nostra civiltà giuridica. Inaccettabile.

In particolare, scrive la Consulta, «il principio di legalità comporta che le scelte relative al regime della punibilità siano assunte esclusivamente dal legislatore mediante norme sufficientemente determinate e applicabili a fatti commessi solo quando esse erano già in vigore».

Lo strappo sulla prescrizione porterebbe invece ad un'applicazione retroattiva della nuova norma, peraltro non adeguatamente determinata nella formulazione: non si capisce infatti quando la frode sia ritenuta cosi grave da imporre la disapplicazione del codice italiano e il passaggio ad una normativa più stringente.

Ad allargare il fossato che separa i contendenti c'è il fatto che il tema della prescrizione è inserito dal nostro legislatore nel capitolo relativo al principio di legalità, dunque fra le norme sostanziali nel cuore del nostro edificio giuridico. Dove nessuno, nemmeno l'Europa, può entrare se non rispetta le regole di fondo.

La consulta chiede dunque chiarimenti molto stringenti alla Corte di Lussemburgo, che per inciso non c'entra niente con quella di Strasburgo dove nei prossimi mesi verrà trattato il caso Berlusconi. Ma se Lussemburgo dovesse insistere sulla linea dura, allora anche la Corte Costituzionale potrebbe irrigidirsi. I giudici italiani prospettano infatti una mossa tranchant, una sorta di dichiarazione di guerra. Almeno rispetto al punto in questione: far saltare il ponte che collega l'Italia all'Europa, dichiarando incostituzionale l'articolo 2 della legge con cui nel 2008 è stato ratificato il Trattato di Lisbona.

«In questo modo - nota il professor Alessio Lanzi, ordinario di Diritto penale all'università Milano Bicocca - la Corte Costituzionale mostra una grande sensibilità e sconfessa la linea, oggi alla moda, di chi vuole inseguire l'Europa a tutti i costi, sacrificando anche norme che sono invece un presidio di civiltà».

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