L'Ue soccorre i rifugiati: "No al rimpatrio anche se delinquono"

L'asilo non decade se lo straniero rischia la vita in patria. Salvini: a casa chi spaccia o ruba

L'Ue soccorre i rifugiati: "No al rimpatrio anche se delinquono"

La sicurezza dei richiedenti asilo vale più di quella dei cittadini europei e italiani. E per garantirla dobbiamo rassegnarci ad accollarci ladri, assassini e terroristi, evitando di rimandarli a casa se questo mette a rischio la loro incolumità. È il nuovo paradosso europeo. Un paradosso impostoci dalla Corte di Giustizia Ue del Lussemburgo che rende praticamente inapplicabili le norme di quel decreto sicurezza, voluto da Matteo Salvini, che prevede proprio la revoca di qualsiasi forma di protezione internazionale nel caso di condanna definitiva per i reati di violenza sessuale, spaccio di droga, rapina ed estorsione.

Il nuovo caso di autolesionismo europeo nasce dalle istanze di un cittadino ivoriano, di uno congolese e di un ceceno. I tre si erano visti revocare o negare lo status di rifugiato in Belgio e Repubblica Ceca sia perché considerati una minaccia alla sicurezza, sia perché condannati per reati particolarmente gravi per la comunità dello Stato membro ospitante. Ma i magistrati della Corte Europea del Lussemburgo hanno ritenuto che la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea sia stata redatta nel rispetto della Convenzione di Ginevra e ne vadano quindi rispettati i principi anche nel caso di reati commessi da chi gode della protezione internazionale. «La revoca e il rifiuto del riconoscimento dello status di rifugiato spiega la Corte in una nota relativa alla sentenza - non producono l'effetto di privare una persona che abbia fondato timore di essere perseguitata nel suo Paese di origine, né dello status di rifugiato, né dei diritti che la Convenzione di Ginevra ricollega a tale status».

Nell'illustrare la sentenza la nota precisa che «lo status di rifugiato è definito dalla direttiva come il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, dello status di rifugiato e che quest'atto di riconoscimento ha natura meramente ricognitiva e non costitutiva di tale qualità», quindi «la revoca dello status di rifugiato o il diniego del riconoscimento non hanno l'effetto di far perdere lo status di rifugiato a una persona che abbia un timore fondato di essere perseguitata nel suo Paese d'origine». Quindi, conclude la Corte, «una persona, avente lo status di rifugiato, deve assolutamente disporre dei diritti sanciti dalla Convenzione di Ginevra». Grazie alle nuove regole imposte dagli azzeccagarbugli europei un richiedente asilo sospettato di appartenere all'Isis dovrà soltanto sostenere di temere il patibolo e qualsiasi stato europeo, Italia compresa, se lo dovrà tenere nonostante il rischio per la propria sicurezza pubblica. Gli effetti più pericolosi rischiano di essere quelli connessi alla prevenzione del terrorismo. Negli ultimi anni l'Italia ha dato il via a centinaia di espulsioni rimandando al paese d'origine tutti i soggetti sospettati di connivenza con Al Qaida o l'Isis anche in mancanza di prove sufficienti a garantirne una condanna in Tribunale. Ora tutto questo rischia di venir messo in discussione.

Il primo a insorgere contro la sentenza è stato Matteo Salvini: «Ecco perché è importante cambiare questa Europa ha dichiarato il ministro dell'Interno - comunque io non cambio idea e non cambio la legge: i richiedenti asilo che violentano, rubano e spacciano, tornano a casa loro».

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