L'ultima beffa: la Rai non si vede ma il canone si paga

L'ultima beffa: la Rai non si vede ma il canone si paga

L'ordinanza della sesta sezione civile della Corte di Cassazione, risalente a inizio febbraio 2016 e resa nota in questi giorni, ha confermato quanto si sapeva in tema di canone Rai: e cioè che non basta l'oscuramento del televisore per essere sollevati dall'obbligo a pagare. Solo chi non ha alcuno strumento atto a ricevere segnali televisivi è esentato da tale onere. Tutto ciò, se si ragionasse in termini strettamente giuridici, dovrebbe apparire illogico. È certo vero che nell'età moderna, attraverso un percorso tortuoso, lo Stato è riuscito a imporre l'idea che esso può reclamare risorse dei privati anche in assenza di un accordo volontario.

Quando ciò è possibile? Se si tratta di finanziare nel suo insieme (con le imposte) le attività istituzionali dello Stato oppure per sostenere (con le tasse) specifici servizi offerti in forma monopolistica dall'ente pubblico. Alla luce di questo schema di fondo, che pure violentò il diritto nel momento in cui permise ad alcuni privati (gli uomini di Stato) quello che era precluso a tutti altri (gli estorsori di ogni tipo), il canone Rai non potrebbe essere fatto pagare a chi chiede che il proprio televisore sia «oscurato», perché non è interessato a guardare la televisione pubblica e non intende godere dei dubbi benefici derivanti dai programmi offerti dalla Rai. Nemmeno le logiche tutte interne alla statualità, insomma, potrebbero legittimare l'arbitrio dei cento euro in bolletta.

Come è allora possibile che la Cassazione si esprima in tal modo? La ragione è connessa al fatto che oggi il diritto è mera legge positiva: è la semplice volontà del legislatore. Con un semplice decreto, poi trasformato in legislazione da maggioranze prive di qualsiasi spirito critico, nel nostro tempo è possibile violare qualunque norma e sovvertire ogni logica. E anche i giudici delle corti incaricate di proteggere le nostre libertà si piegano: come già fece la Corte costituzionale nel 2002, ridefinendo quale «imposta» quella che prima era una «tassa».Se oggi un numero crescente di cittadini manifesta la propria disillusione di fronte alle istituzioni è perché il potere appare sempre più arbitrario. Una classe politica che periodicamente si fa eleggere, controllando i meccanismi della rappresentanza, di volta in volta reinventa le regole della convivenza civile: manipolandole a proprio favore.

Tutti sanno che la Rai dovrebbe fare come le pay-tv: offrire sul mercato i propri servizi, competere con i concorrenti e offrire la possibilità di vedere le trasmissioni solo agli abbonanti.

L'esercito dei dipendenti Rai schierati a difesa del proprio posto e i politici interessati a mantenere il controllo su questo strumento di manipolazione dell'informazione non si curano di ciò: non sono disposti ad ascoltare argomenti e ignorano ogni appello alle ragioni della giustizia. Sanno di taglieggiarci e a loro va bene così. Tutto ciò continuerà fino a quando la nostra pazienza non finirà e forse quel giorno non è neppure tanto lontano.

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