I prossimi siamo noi. E non è una battuta figlia dell'allarmismo. Stavolta a dirlo sono i terroristi dell'Isis utilizzando gli stessi canali di comunicazione impiegati nei mesi scorsi per ispirare l'azione dei fanatici di Barcellona e fornire loro le istruzioni necessarie per colpire ed uccidere.
A dircelo è Site, il sito di monitoraggio del terrorismo islamico guidato da Eva Katz, un'ebrea americana di origini irachene che dopo una carriera da infiltrata negli ambienti dell'Islam radicale si dedica, da oltre 16 anni, al monitoraggio di internet collaborando con le forze di sicurezza statunitensi. Il particolare inquietante del messaggio che suggerisce l'Italia come prossimo obbiettivo riguarda soprattutto il canale da cui viene diffuso. In questo caso non abbiamo a che fare con un semplice social come Facebook o Twitter, ma con un canale Telegram già utilizzato in passato, secondo quanto fa sapere Site, da personaggi collegati all'Isis. E il media in questo caso diventa sostanza. Creato da un informatico russo Telegram è oggi il canale più utilizzato dei gruppi terroristici in virtù dell'assoluta impenetrabilità del suo algoritmo e della conseguente impossibilità di localizzare o identificare gli autori dei messaggi. Come se non bastasse canali analoghi a quello utilizzato per mettere nel mirino il nostro paese sono stati adoperati, tra maggio e luglio, per invitare i cosiddetti «lupi solitari» a rispondere con attacchi e stragi agli assedi di Mosul e di Raqqa. E proprio quegli inviti all'azione hanno messo in movimento la cellula di Barcellona.
Su Telegram, come riportato ieri dal Giornale, è stato diffuso, inoltre, il manuale di 66 pagine in dieci capitoli in cui si elencano altrettante tattiche per seminare morte e distruzione. Un manuale seguito passo dopo passo dal gruppo di fuoco catalano. Del resto la scelta d'indicare l'Italia come nuovo obbiettivo rientra anche in quella strategia dell'«inedito» utilizzata per cogliere di sorpresa le autorità catalane e spagnole. Certo paragonare la Spagna, e in particolare la Catalogna, all'Italia è un insulto per le nostre forze di sicurezza. In Catalogna, tanto per dirne un paio, operano indisturbate 80 moschee salafite mentre il sindaco di Barcellona decise di non installare le barriere anti camion intorno alle Ramblas. Nel nostro paese, invece, le forze di sicurezza sono impegnate in continue azioni di monitoraggio del web, dei centri di culto radicali e degli esponenti più vicini al terrorismo.
Un ulteriore vantaggio è inoltre garantito dalla marginale presenza di quegli immigrati di seconda o terza generazione che in Francia, Inghilterra, Belgio, e anche Spagna, favoriscono lo sviluppo di gang giovanili legate all'Islam radicale. Ovviamente il livello di totale sicurezza non esiste. Anche da noi un lupo solitario sfuggito al monitoraggio del web, poco legato a moschee o centri radicali potrebbe facilmente mettere in atto quelle operazioni asimmetriche in grado di sorprendere le forze di sicurezza più preparate. E tra le operazioni asimmetriche più insidiose e difficili da prevenire rientrano sicuramente quelle esposte nei dieci capitoli del «Manuale del Lupo Solitario» diffuso su Telegram il tre luglio. Tra quelle più inedite ipotizzate dagli autori dell'Isis rientrano il tentativo di provocare incidenti con molte vittime sulle autostrade, i roghi di macchine parcheggiate nei centri città e lo sviluppo di incendi boschivi con cui minacciare i centri abitati.
Certo è che nell'immaginario del terrorista il potere d'attrazione resta focalizzato sui luoghi iconici conosciuti a livello globale. Per questo città come Roma sede del Vaticano, Firenze espressione dell'arte «miscredente» e Milano centro del commercio e dell'economia restano gli obbiettivi più monitorati.
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