Guerra in Ucraina

L'ultima minaccia di Putin: "Armi atomiche in Bielorussia"

L'annuncio: 10 aerei con nucleari tattiche dispiegati a Minsk. I Paesi nordici blindano i cieli: patto di difesa aerea comune

L'ultima minaccia di Putin: "Armi atomiche in Bielorussia"

Combattimenti, violenze e atrocità sul campo. Di contro negoziati che stentano a decollare ma che forse, lentamente, trovano piccoli spiragli. Nel mezzo le continua minacce della Russia. Si gioca su più fronti questa fase del conflitto in Ucraina in cui l'unica certezza è il caos. Al di là del fatto che Putin continua a mostrare i muscoli e a far paura.

«Il primo luglio sarà completata la costruzione di un deposito di armi nucleari tattiche in Bielorussia. Mosca e Minsk hanno convenuto che, senza violare i loro obblighi ai sensi del Trattato Start, dispiegheranno lì armi nucleari tattiche». Così il leader del Cremlino alla tv di Stato russa. Putin ha anche annunciato l'arrivo in Bielorussia di dieci aerei capaci di trasportare le testate nucleari. Minaccia reale o bluff? Quel che è sicuro è che lo Zar mente sui proiettili all'uranio impoverito all'Ucraina. «Li abbiamo anche noi ma non li abbiamo ancora usati. Sono molto pericolosi per l'uomo e la natura», ha detto, mentre è dimostrato che quelle munizioni, considerate armi convenzionali, sono state utilizzate usate in quest'anno di conflitto da parte di Mosca, insieme a bombe a grappolo e altri armi non convenzionali. A poco serve quindi come pretesto l'invio a Kiev di questi proiettili, la vera escalation, se ci sarà, sarà proprio da parte russa. Un Paese sempre più isolato sullo scacchiere mondiale ma che resta una minaccia globale. Al punto che i comandanti delle forze aeree di Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca hanno firmato una lettera di intenti per creare una difesa aerea nordica unificata per mettersi al riparo da eventuali minacce in arrivo dalla Russia.

Sul fronte dialogo, se a tenere banco resta il tentativo cinese, adesso anche la Turchia prova a entrare nel percorso di dialogo. Dopo l'accordo sul grano, Erdogan, anche o soprattutto per motivi personali, in un colloquio telefonico ha ricordato al Vladimir Putin «l'importanza di mettere fine al conflitto attraverso negoziati il prima possibile». Tra tutti gli attori del palcoscenico mondiale, Cina e Turchia probabilmente non sono da premio Oscar per la maggior credibilità, ma quando al cinema non c'è nulla, meglio sperare di rimanere sorpresi da un film di nicchia. L'alternativa cinese, acquisisce un minimo di credibilità in più. Se fino a ieri infatti gli Stati Uniti non credevano minimamente a una Cina portatrice di dialogo, sia perché in prima linea nel commettere abusi sia per gli attriti commerciali ed economici tra le due potenze, adesso arriva un'inaspettata apertura. «La Cina ha preso un impegno significativo con la Russia ma finora non ha fornito armi a Mosca», ha detto il presidente Biden, dopo settimane in cui aveva accusato Pechino di aiuti diretti a Mosca. Se non è un'apertura almeno è una parziale legittimazione che arriva il giorno dopo l'annuncio che l'Unione Europea con i suoi massimi rappresentanti, andrà in missione al cospetto di Xi per cercare di favorire il dialogo, consapevoli del fatto che solo la Cina può imporsi sulla Russia di Putin.

Intanto il conlfitto va avanti, incentrato ancora, come da mesi a Bakhmut. Il comandante in capo dell'esercito ucraino Valeri Zaluzhnyi, ha spiegato che «grazie agli sforzi titanici delle forze di difesa, la situazione si sta stabilizzando». Non sfondano i russi mentre il leader dei mercenari della Wagner Evgheni Prigozhin conferma che «più di 5 mila persone sono state rilasciate con la grazia dopo aver concluso i loro contratti con la Wagner», riferendosi a 5mila detenuti che la sua squadra di mercenari ha reclutato nelle carceri russe, fondamentali per Mosca, viste le difficoltà dell'esercito regolare confermate anche dal numero due del Consiglio di sicurezza Dmitri Medvedev. «Servono 1,5 milioni di soldati», ha detto. Mentre proseguono gli attacchi indiscriminati sui civili, ieri nel Kherson bombardato anche un punto di consegna di aiuti umanitari, il presidente ucraino Zelensky continua nella richiesta di aiuti. «Stiamo aspettando le munizioni dai nostri partner per la controffensiva». Eserciti in difficoltà e trattative che languono. Uno stallo pericolosissimo.

Scosso soltanto dalle minacce di Putin.

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