L'ultima speranza sulla legge elettorale: sia la Consulta a riscrivere il testo

I democratici senza accordo tifano per una "sentenza auto-applicativa". Ma tra "Mattarellum 2.0" e "Italicum corretto", è già scontro tra i partiti

L'ultima speranza sulla legge elettorale: sia la  Consulta a riscrivere il testo

Roma - Sotto attacco dalle opposizioni per aver scelto di esaminare l'Italicum il 24 gennaio, 50 giorni dopo il referendum, la Consulta si trincerandosi dietro «le regole degli organi giurisdizionali». Spiega che se avesse scelto per l'esame della legge elettorale una data anteriore «avrebbe privato le parti dei termini dei quali dispongono per legge, allo scopo di costituirsi in giudizio e presentare memorie». Insomma, motivi tecnici non aggirabili.

Ma dal fronte del «voto subito» fioccano insulti e accuse di colpevole ritardo all'Alta corte, in testa i leader di Lega Matteo Salvini e Fdi Giorgia Meloni, fino all'azzurro Giovanni Toti.

Dopo il verdetto della Consulta, il Parlamento dovrà riscrivere la nuova legge elettorale ed è facile prevedere lotte tra i partiti prima di un accordo. Per «evitare mesi di discussioni e mercato delle vacche», il M5S cambia idea. «La cosa più veloce, realistica e concreta- dice Beppe Grillo - per andare subito al voto è andarci con una legge che c'è già: l'Italicum». Così, messo da parte il Democratellum per un proporzionale puro, i pentastellati depositano a Montecitorio una la proposta di legge per estendere il sistema scritto per la Camera, così come uscirà dalla Corte costituzionale, anche al Senato. L'aggiunta di poche righe al testo, l'approvazione del Parlamento (pena l'accusa di voler vivacchiare per maturare la pensione) e il gioco è fatto. La sentenza dei giudici delle leggi, sostiene il movimento, darà vita «automaticamente» ad una nuova legge, «il Legalicum, depurato dai vizi di incostituzionalità», che potrà essere applicata a tutti e due i rami del Parlamento. Risolverebbe il problema dei due sistemi diversi, che preoccupa innanzitutto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «La nostra soluzione - spiegano i 5Stelle Vito Crimi e Danilo Toninelli - è applicare la stessa legge al Senato su base regionale».

Ci staranno, gli altri? Anche a palazzo Chigi e nella sinistra sembrano convinti che dalla Consulta uscirà una sentenza «autoapplicativa». Il Pd non vuol certo cedere l'iniziativa ai suoi più temibili avversari, ma una sua proposta condivisa non ce l'ha. L'accordo trovato dalla commissione guidata da Lorenzo Guerini, cui ha partecipato Gianni Cuperlo, non è condiviso da tutta la minoranza dem. Che ha depositato alla Camera il cosiddetto Mattarellum 2.0, per «riequilibrare governabilità e rappresentanza e dare diritto di tribuna ai partiti più piccoli». La proposta illustrata da Roberto Speranza, Federico Fornaro e Andrea Giorgis prevede l'elezione dei deputati in 475 collegi uninominali a turno unico e 12 eletti all'estero con il proporzionale. Gli altri 143 seggi andrebbero: 90 alla prima lista o coalizione, fino al massimo a 350 deputati; 30 alla seconda lista o coalizione; 23 tra chi supera il 2% e ha meno di 20 eletti.

Nel centrodestra, quelli che scalpitano di più per elezioni anticipate sono Salvini e Meloni, disposti ad andare al voto con modifiche minime all'Italicum.

Fdi vorrebbe eliminare i capilista bloccati ed eleggere tutti i parlamentari con la preferenza. Solo che Fi non ha fretta e Silvio Berlusconi vuole trattare su una legge proporzionale con sbarramento al 5 per cento per i partiti più piccoli.

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