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L'ultima vittima di Pompei: schiacciato mentre fuggiva

Il corpo ritrovato negli scavi del parco archeologico: era zoppo, fu travolto da un masso di 300 chili

L'ultima vittima di Pompei: schiacciato mentre fuggiva

Andrea Cuomo

Vedi il Vesuvio e poi muori. Correndo come può un disabile, uno zoppo di circa trentacinque anni, che oggi magari giochi ancora in serie A ma all'epoca era un'età già ragguardevole.

Che morte, la morte dell'ultima vittima di Pompei, dell'eruzione del vulcano quel giorno maledetto e mille volte ricostruito del 79 dopo Cristo. Lui è stato ritrovato - e si è saputo ieri - nella Regio V, all'angolo tra il Vicolo dei Balconi (una strada riportata alla luce propria pochi giorni fa dagli archeologi che lavorano al nuovo cantiere del Parco di Pompei) e il vicolo delle Nozze d'Argento. In quel punto si era scavato altre volte, nell'Ottocento e ancora ai primi del Novecento ma l'uomo era rimasto ancora per qualche decennio acquattato nella sua tomba fatta di lava. Ora eccolo riaffiorare e trasformare la storia in cronaca. Perché la sua posizione, alcuni calchi fatti attorno a lui e l'esame dello scheletro stesso hanno permesso di ricostruire gli ultimi momenti della sua vita.

Momenti orribili, un ralenti drammatico. L'uomo - alto circa 1,65 e di circa 35 anni - aveva infatti, oltre a tracce di artrosi, una gamba malformata. Lo indica la sua tibia, che presenta segni ancora evidenti dopo quasi due millenni di una grave infezione ossea che doveva rendergli un tormento una passeggiata, figurati una fuga precipitosa come quella resa necessaria dalla colata di lava e lapilli che investì quel giorno Pompei. L'uomo quindi fu lasciato indietro dagli altri fuggitivi, mentre la pioggia di cenere sfondava i tetti come fossero un castello di carte, sbriciolava le case come fossero quelle dei tre porcellini. Nel vicolo in cui l'ultimo fuggitivo cercava la salvezza c'erano per terra già due metri di lapillo, un fiume incandescente. L'uomo fu colpito da un masso enorme, che gli schiacciò il torace e lo decapitò. Una morte repentina che gli risparmiò un percorso più lungo e doloroso verso la stessa ineluttabile meta.

Gli archeologi, guidati dal direttore Massimo Osanna, lo hanno trovato sdraiato, prono, schiacciato dalla grossa pietra gli copre spalle, braccia, torace. Lo zoppo di Pompei ci commuove, la sua vicenda è lontana eppure «drammatica ed eccezionale», come dice Osanna. E potrà essere raccontata dai libri di storia, dopo che le analisi di laboratorio a cui ora il suo scheletro sarà sottoposto, con esami sistematici delle ossa e del dna, ne avranno svelato altri particolari. «Se fossimo così fortunati da ritrovare il cranio saremmo in grado di ricostruirne la fisionomia», sussurrano gli archeologi, decisamente di buon umore.

Pompei è lo specchio dell'Italia. Vivacchia tra disservizi, scioperi, vandalismi quasi quotidiani.

E al contempo nel suo cuore alberga l'entusiasmo di alcuni uomini e donne che lavorano ogni giorno per aggiungere qualche pagina a un romanzo che da secoli incanta il mondo. Siamo così: primi e ultimi della classe, ricchi e poveri. Zoppichiamo ma vendiamo cara la nostra pelle.

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