Cronache

L'ultimo business della rete dei guardoni. Sul web i video delle telecamere private

Immagini private da case e palestre in cambio di pochi euro. Ladri e clienti sicuri dell'impunità: "Non ci scopriranno mai"

L'ultimo business della rete dei guardoni. Sul web i video delle telecamere private

Le vite degli altri. Spiati con una massiccia dose di morbosità nel privato, nell'intimità del proprio io più personale. Negli spogliatoi di una palestra o della piscina, in camera da letto, nel bagno di casa, nelle stanze di albergo, negli studi medici, nel camerino dei grandi magazzini e persino nelle stanze dei figli, piccoli o appena adolescenti, quei «cuccioli» che cerchiamo di tutelare nella loro estrema fragilità magari mettendo a punto sistemi di videosorveglianza che non permettano di lasciarci sfuggire nulla. Una cautela che si è rivelata un boomerang dopo quanto venuto alla luce grazie all'inchiesta degli investigatori della Polizia Postale di Milano guidati da Tiziana Liguori, da quelli del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni di Roma, insieme ai Procuratori aggiunti Maria Letizia Mannella e Eugenio Fusco e ai pm Giovanni Tarzia e Laura Baj Macario della Procura di Milano. Sono stati loro a portare alla luce uno degli effetti più nefasti della pandemia e del lockdown su migliaia di persone che, illuse dalla presunta impunità di una tastiera e nascosti dietro un pc, si sono trasformati in «guardoni» online. Favoriti da una organizzazione che vendeva loro le chiavi di accesso alle immagini di telecamere private e violate per poche decine di euro, consentendo così a questi utenti di spiare le persone e le loro vite.

Sono 11 gli indagati - tra Milano, Ovada, Maranello, Treviso, Sanremo, Rimini, Pisa, Roma, Caserta e Ragusa - dalla Polizia Postale, tutti membri di due diversi gruppi criminali. Sono accusati di associazione per delinquere e accesso abusivo a sistema informatico e solo per ora (ma l'inchiesta va avanti) non si è proceduto per pedopornografia.

Le indagini, durate oltre un anno, si sono concluse con dieci perquisizioni. Tuttavia, in particolare i procuratori Fusco e Mannella, hanno voluto rendere noto, grazie all'okay e alla sensibilità del procuratore capo Marcello Viola, la pericolosità della diffusione di questo fenomeno in modo che la gente possa prendere provvedimenti e si affidi a sistemi di sicurezza sempre più sofisticati e, comunque, almeno su questo fronte, si accerti di non aver badato a spese affidandosi a veri professionisti e non a sistemi fai da te, dimostratisi facilmente violabili. L'organizzazione - così trasversale al punto da essere composta da disoccupati che recepivano il reddito di cittadinanza, ma anche da veri e propri esperti del web con tanto di laurea - ha rivelato infatti un elevato skill informatico.

L'inchiesta, partita da un pedopornografo che aveva collezionato immagini di adolescenti e bambini (che però non c'entrano con questa indagine) ha scoperchiato un mondo maniacale e ossessivo. Con un gruppo di fruitori cosiddetti «premium» che, per 20 euro a ingresso, usufruivano di immagini messe a disposizione dall'organizzazione e per un certo periodo. Gli altri, detti «vip», raddoppiando la cifra, possedevano invece le credenziali per spiare le vite degli altri anche 24 ore su 24. L'organizzazione, in cui ogni membro aveva un ruolo specifico, monetizzava poi attraverso transazioni in criptovalute servendosi del social network «VKontakte», per poi passare su Telegram.

«Adesso ci stiamo concentrando sugli autori di questo illecito, ma poi sarà la volta dei loro clienti, che dovranno rispondere di interferenza illecita nella vita privata» spiegano gli investigatori della Postale di Milano. Che aggiungono: «L'organizzazione criminale si sentiva impunita. Tranquilli che la polizia non ci troverà mai, le querele le mettono nel cassetto dicevano ai loro clienti perplessi. Non si rendevano conto della gravità di quanto facevano...

Una sorta di Grande Fratello online».

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