L'ultimo discorso di Re Giorgio. La solita spintarella al premier

Da giorni Napolitano prepara il messaggio di fine anno. Non dirà la data dell'addio ma consegnerà l'eredità politica a Renzi

L'ultimo discorso di Re Giorgio. La solita spintarella al premier

Lui molla perché, come ha spiegato a Renzi, «non ce la faccio più». L'Italia invece non deve mollare perché, come spiegherà stasera in tv, «ce la farà». Le riforme sono state avviate, il governo tiene, la politica mostra «il coraggio necessario». Persino la crisi, che comunque è dura e «tocca le famiglie», fa un po' meno paura. Missione compiuta? No, non si può dire così, però stavolta si può avere un po' di «fiducia».

Cavi, fari, telecamere. Da un paio di giorni lo studio presidenziale è stato trasformato in un set televisivo, con il capo dello Stato che prova e riprova il discorso di Capodanno, «il più importante e sentito» del suo doppio mandato, e i consiglieri che si agitano dietro la porta. Si studiano pose, ambientazione, tempi. Napolitano vuole dare al messaggio «un approccio diverso», un taglio speciale. Dopo quasi un decennio, si volta pagina. Si cambia.

Si cambia però, dirà, serve continuità. Giorgio Napolitano è vicino al passo d'addio, a qualche settimana dall'abbandono, pronto a traslocare dopo più di nove anni di regno. Nessuna data, le dimissioni si danno e non si preannunciano, altrimenti i mercati crollerebbero e il caos politico s'impennerebbe. Ma l'uscita di scena, al termine del semestre europeo, è scontata. Il congedo del presidente è morbido, a tappe, senza traumi e dura ormai da un paio di mesi. Dopo aver salutato il Papa, le autorità della Repubblica e i tedeschi, stasera tocca agli italiani. Il tono sarà salottiero, anti-ansiogeno, e il suo bilancio coinciderà con una radiografia della nazione.

Si tratterà quindi di un colloquio personale e diretto, con gli italiani in attesa di mangiare le lenticchie, di stappare le bottiglie e di dimenticare almeno per una notte i tanti problemi degli ultimi mesi. Fiducia e coraggio, questi i punti del messaggio, ma senza nascondere i tanti problemi del Paese. Napolitano insisterà molto sui tanti esempi di un'Italia controcorrente, che funziona, che «non si rassegna» e che, se sarà accompagnata dalle «giuste scelte politiche», saprà risollevarsi dalla crisi. E dunque i giovani, la ricerca d'eccellenza, le imprese che funzionano e che «tutto il mondo ci invidia».

Sul piano politico, l'eredità di King George si chiama Matteo Renzi. Un anno fa, chi l'avrebbe detto. All'inizio i due non si prendevano proprio: troppo diversi, troppo distanti per storia, per carattere, per età. Invece sulle riforme hanno cementato un'intesa di ferro che ha portato Napolitano a blindare il governo e a indicare pubblicamente il premier fiorentino come l'unico capace di rianimare il Paese, uno dei pochi, secondo il Quirinale, ad aver capito che l'Italia non può più stare ferma, con i partiti a distanza siderale dalla comprensione e dal linguaggio della gente. Ma ora, privo di una sponda, Renzi dovrà navigare a vista.

Senza toni paludati, Napolitano parlerà pure delle riforme. Forse cercherà di spiegare ai cittadini che non parlano politichese perché la riforma del bicameralismo paritario sia propedeutica a tutte le altre o perché una nuova legge elettorale è vitale per il sano andamento della democrazia. Dirà che l'Europa deve cambiare, che serve meno rigore e più sostegno alla crescita, ma pure che i nemici non sono a Berlino.

E ricorderà come era nata la sua rielezione, come si era incartata la situazione dopo il pareggio elettorale e lo stallo nelle elezioni del nuovo presidente, come i partiti erano andati a chiedergli di restare dopo che lui aveva già preparato gli scatoloni, come si era tentato di stabilizzare il sistema con le larghe intese e di salvare l'Italia dalla bancarotta. Le cose poi hanno funzionato solo in parte, i «necessari cambiamenti» sono ancora da concludere.

Però ora che la cornice è «più solida» e i che i 90 anni si avvicinano, se ne può andare. Del resto, lo aveva detto subito: «Resterò fin quando la situazione me lo farà ritenere necessario, e fino a quando le forze me lo consentiranno».

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