Cronache

L'umanità (e il coraggio) di Francesco

Il colon del Papa è un argomento che in alcuni crea imbarazzo, in altri battute di gusto infimo

L'umanità (e il coraggio) di Francesco

Il colon del Papa è un argomento che in alcuni crea imbarazzo, in altri battute di gusto infimo. C'è da sperare, invece, che nei più susciti un sentimento di tenerezza verso un uomo anziano, malato, che alla sua età continua a lavorare e che lavoro - da stakanovista. Più dell'arrivo modesto in ospedale, su un'auto qualsiasi e senza pompa, impressiona che poco prima parlasse alla folla di piazza San Pietro, rispettando il suo dovere. Che il male l'abbia colpito proprio lì, poi, ce lo fa sentire più vicino a noi esseri comuni, per un curioso fenomeno psicologico legato alla fisicità e alle miserie del corpo.

Di recente ho avuto la possibilità di stare nella stanza della Fondazione Ettore Majorana, nella meravigliosa Erice, che nel maggio del 1993 ospitò Giovanni Paolo II. Quel giorno il Papa tenne un discorso ormai famoso, sui rapporti tra scienza e fede, a scienziati di tutto il mondo invitati da Antonino Zichichi. Poi, dopo avere pronunciato parole molto importanti, si ritirò in quella stanza. Ebbene, non mi suggestionò tanto la vicinanza con il letto o la scrivania, quanto quella con il bidet. Gli psicologi lo spieghino a piacimento, io credo che lì sentii più forte la fragilità di qualsiasi essere umano, per quanto potente, importante o intelligente o forte sia: la debolezza di un corpo sempre inadeguato a portare pesi tanto gravosi. Papa Bergoglio sta svolgendo un compito immane, nonostante tutta la sua visibile stanchezza. Non parlo della lotta alla pedofilia nel clero o di quella contro gestioni finanziarie a dire poco disinvolte. Parlo della rivoluzione che sta avviando nella stessa anima della Chiesa e del cattolicesimo.

All'inizio del Novecento Pio X scomunicò tutti i modernisti, una corrente di pensiero che proponeva un rinnovamento degli studi sul cristianesimo, della liturgia, dei dogmi. Il loro maggiore rappresentate italiano, don Ernesto Buonaiuti, venne perseguitato in modo ossessivo dai gesuiti. Nel 1926 ricevette anche la tremenda scomunica vitando, per cui un buon cattolico non poteva avvicinarglisi per nessun motivo. Nel 1929 due articoli del concordato furono pretesi dal Vaticano per impedirgli di insegnare all'università e di indossare la tonaca, che continuava a portare. Fu l'unico fra i 12 docenti universitari (su 12mila) che nel 1931 rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo, a non riavere nel dopoguerra la cattedra che gli era stata tolta. La persecuzione è continuata anche dopo la sua morte, nel 1946, senza assistenza religiosa e in povertà. Si voleva che fosse dimenticato. Eppure molte novità introdotte dal concilio Vaticano II sono frutto del suo pensiero, Giovanni XXIII era in seminario con lui. E oggi un Papa gesuita capace di vero pentimento sta realizzando grande parte del suo pensiero.

Auguri, Francesco, buona guarigione.

Commenti