Non c'è settimana che Beppe Grillo non rivaluti un dittatore in opposizione alla feroce Matteocrazia imperante. Hitler, Stalin, Mussolini, Pinochet, Saddam, ora Mao. Per lui erano tutti meglio di Renzi e dei suoi loschi alleati; e le loro dittature erano tutte temperate rispetto all'ecatombe renziana tramite riforme. Vuoi mettere Maria la sanguinaria con la crudele Maria Elena Boschi, sterminatrice di inermi senatori? Grillo è riuscito a sintetizzare tutte le dittature del passato in una spremuta mista del Novecento di cui si presenta come l'erede e lo shaker.
Gli mancano Pol Pot e Bokassa, ma sono previsti dopo ferragosto quando dovrà aumentare la dose. Naturalmente non gli crediamo e continuiamo a considerarlo simpatico. Ma l'ultima sua trovata sulla Lunga Marcia di Mao, cioè del Popolo, contro i partiti fa rabbrividire. Sapendo quante decine di milioni di massacrati costò quella Rivoluzione, il suo spot maoista ha l'effetto opposto: ci costringe a rimpiangere le peggiori partitocrazie pur di non sottoporsi a quella marcia del Popolo. Mao e poi mai. Dietro la ricerca affannosa di battute esagerate e paragoni estremi per recuperare l'attenzione calante nei media si nasconde un'esigenza di fondo: fondare un mito epico del grillismo. Come l'ampolla padana di Bossi...
Ma alla lunga, l'ala fiction di 5 stelle cederà all'ala politicista. Dopo Mao verrà Di Maio. Tenetelo sott'occhio stu' guaglione; è svelto, bravo e sa trattare. È scritto nel Vangelo grillino: «Prima che il grillo canti uno di voi mi tradirà»- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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