«Ti ho conosciuta in Val Susa che eri una bimba, ma già una guerriera!». Oggi l'ex eroina no Tav, come la definisce uno dei messaggi dei militanti che appaiono suo profilo Facebook, è la donna del contratto di governo tra M5s e Lega. L'unica quota rosa fotografata al celebre tavolo del Pirellone di Milano, durante la negoziazione dei punti del programma giallo-verde. Un terreno minato, dove le due delegazioni si muovono in precario equilibrio per trovare un incontro tra posizioni divergenti. E dove spicca lei, l'unica lei, tra i 13 sherpa di Salvini e Di Maio.
Certo ne è passata di acqua sotto i ponti da quando Laura Castelli, 31 anni, entrava in Parlamento per aprirlo, insieme con i colleghi grillini, come una scatoletta di tonno. Per il suo primo giorno da deputata aveva scelto di indossare al collo l'amato fazzoletto del no all'alta velocità. Un'identità politica ben definita e mai abbandonata, parte dell'ala dura di quel grillismo della decrescita felice e del no ai cantieri. Pochi mesi dopo l'elezione, Castelli ribadiva il concetto in Aula a Montecitorio: in un video divenuto virale, la si vede mentre dopo aver terminato un intervento sulla ratifica dei trattati tra Italia e Francia sull'alta velocità, fa il famoso gesto dell'ombrello agli odiati colleghi sostenitori dell'infrastruttura.
Oggi la deputata, nata politicamente nel 2010 come portaborse del gruppo Cinque stelle in Piemonte, è diventata grande. Ed è tra i papabili titolari per la poltrona dello Sviluppo economico, oggi di Carlo Calenda. Fosse per immagini, la sua storia di attivista sarebbe una galleria di scatti che la ritraggono col megafono in mano a urlare no a tutto: no al terzo valico, all'inceneritore, alle trivelle, al consumo di suolo. Ha combattuto talmente tanto contro l'alta velocità da essere chiamata anche come testimone nel processo sugli scontri del 2011 in val di Susa. In quella sede, Castelli ha ricordato che ci fu una «resistenza pacifica» da parte degli attivisti, dettata da una «situazione che diventò pericolosa» a causa dello sgombero da parte delle forze dell'ordine. Sul suo profilo ricorda che «la lotta No Tav è una esperienza umana bellissima e formativa. Ho conosciuto e incontrato moltissime persone che ora aiutano me e i miei colleghi a portare in Parlamento questa battaglia di diritti».
Una laurea triennale in Economia, quella specialistica nemmeno iniziata perché «ho cominciato a occuparmi di politica», la piemontese è stata rieletta il 4 marzo nella lista di Torino. Vicina alla sindaca Chiara Appendino, impegnata in tutti i temi economici del movimento, forte dei cinque anni trascorsi in commissione Bilancio, la deputata in questi giorni si trova a maneggiare i dossier più delicati che attendono il futuro industriale del Paese, a partire dall'Ilva. Sul suo cv televisivo si registrano le polemiche per una brutta figura a Otto e mezzo, dove, ospite di Lilli Gruber, non ha saputo rispondere a una domanda sul referendum sull'uscita dall'euro. Il suo astro è comunque in ascesa all'interno del movimento. Anche se la sua autonomia decisionale è poca, come del resto quella di tutti i colleghi del non partito, dove la linea viene dettata dai vertici.
Infatti proprio per le posizioni oltranziste e marxiste, unite alla poca esperienza, a Castelli sono stati affiancati dei collaboratori che ne monitorano l'operato.In gioco c'è la trattativa con il Carroccio, che sulle opere veleggia su posizioni opposte. Ma anche il destino dei cantieri aperti nel nostro Paese.
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