Chissà. Non ci fosse stato lui, forse la strage di erba sarebbe ancora uno dei tanti, troppi misteri d'Italia. Rebus che quasi sempre hanno una soluzione facile facile: il vicino della porta accanto, il maggiordomo, la moglie o l'amante. Risposte troppo semplici per un Paese ammalato di dietrologie e complottismo che si perde spesso nel complicare gialli e delitti, a un passo, uno solo dalla svolta. Forse sarebbe andata così anche a Erba. Invece Mario Frigerio, scannato sulla porta di casa, sopravvisse quasi miracolosamente alla mattanza e al risveglio dal coma inchiodò l'assassino: Olindo Romano. Quello del piano terra di un'ex cascina ristrutturata che ospita veti famiglie in via Diaz al numero 25. Olindo e la moglie Rosa furono spediti all'ergastolo, il partito dei dubbiosi messo a tacere, ma solo per poco. In Italia non si crede nemmeno al supertestimone, perchè nel suo racconto ci sono sbavature, imperfezioni e correzioni di rotta. Come se l'uomo fosse un robot. Comunque sia andata, Frigerio non c'è più: un male incurabile se l'è portato via a 73 anni. E così nessuno potrà più scomodarlo per raccontare ancora una volta cosa accadde la sera dell'11 dicembre 2006.
Frigerio e la moglie, Valeria Cherubini, abitavano al secondo piano, sopra i Castagna, le vittime designate. Ma fanno l'errore di uscire sul pianerottolo, richiamati dal fumo che arriva dall'appartamento dei Castagna, e vengono così risucchiati nel vortice del massacro. Olindo e Rosa hanno appena ucciso Raffaella Castagna, la mamma Paola Galli e il piccolo Youssef, 2 anni e 3 mesi, trafitto sul divano con due colpi alla gola. Poi hanno incendiato tutto e se ne stanno andando. Come vedono i coniugi Frigerio si avventano su di loro. Lei finisce straziata e muore insieme al suo cagnolino, Martina, asfissiato ai suoi piedi. Lui dovrebbe essere morto, ma una malformazione alla carotide gli regala una seconda vita. Quattro morti e un quinto vivo per l'aiuto della sorte. Un orrore e una ferita profonda per una città tutta lavoro, ordine e solidarietà.
La procura di Como imbocca subito la pista sbagliata e punta dritta sul marito di Raffaella, Azouz Marzouk, tunisino con precedenti per spaccio. Il procuratore Alessandro Lodolini lancia proclami roboanti sul presunto fuggitivo, ma ben presto scopre che in quel momento il ricercato è in Tunisia. Alibi a doppia mandata. Le indagini fremono, la gente attende un colpevole, il quadro è troppo sconvolgente.
E la verità, finalmente, affiora. Il primo a soffiare agli investigatori la pista giusta è Carlo Castagna, il papà di Raffaella. E' lui a buttare lì il nome di Olindo, ancora fuori dai radar della magistratura: «La sera del fatto ebbi modo di vederlo fra la gente e da allora ho un cruccio che mi fa pensare a lui». Poi Frigerio torna in questo mondo. Prima afferma di non aver riconosciuto il suo aggressore e descrive un uomo dai capelli corti neri, gli occhi verdi, la pelle chiara. Poi, dopo dieci giorni, aggiusta il tiro e di fatto emette la sentenza: «E' stato un vicino. L'Olindo. Non volevo crederci, ma adesso mi è chiaro». Da Olindo si arriva fatalmente alla moglie e allo loro ossessione maniacale per la pulizia. Hanno usato coltello e spranga come macellai per una lite da ballatoio. E' la verità, anche se è banale e forse non soddisfa tutte le teorie dei soliti esperti. Olindo confessa e anche lei ammette. Il suo racconto, diranno in procura, è impressionante per la completezza e la precisione. Rosa aggiunge molti dettagli inediti che nessuno conosceva. Una firma sul sangue versato. Caso chiuso? Troppo facile.
La coppia ritratta, il serpentone dei retropensieri, dei particolari che non collimano, dei buchi neri -qualcuno ne conterà 243 - dei riscontri mancanti, comincia a strisciare di nuovo. Perchè Frigerio ha cambiato versione? Lui risponderà sempre con la spiegazione più terra terra: «Ma io mi sono svegliato dal coma. Non sapevo più nulla». E in corte d'assise aggiungerà una frase raggelante e forse decisiva: «Non dimenticherò mai lo sguardo da assassino» di Olindo.
Oggi
Giuseppe Castagna, fratello di Raffaella, gli rende omaggio con un necrologio a ciglio asciutto, lontano da certa retorica zuccherosa: «Addio signor Mario, le sarò sempre riconoscente per il suo coraggio e la sua onestà».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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