M5s a due velocità sui referendum. Favorevoli a Milano, sordi a Roma

Hanno sostenuto il voto di ieri ma scordano quello sull'Atac

M5s a due velocità sui referendum. Favorevoli a Milano, sordi a Roma

Roma - Ci hanno messo il cappello sopra. «Noi stiamo sostenendo il referendum in Lombardia e Veneto», spiegava un mesetto fa Luigi Di Maio. Meglio non farsi trovare impreparati. «L'idea costituzionale dell'autonomia territoriale - ripeteva in televisione il candidato premier dei Cinque stelle - è sempre stata un nostro obiettivo che abbiamo portato avanti, soprattutto dal punto di vista delle decisioni politiche, come nel caso della Tav o del Muos». Però, hai visto mai, guai a sbilanciarsi troppo. Infatti, di impegno concreto del M5s sul territorio, o anche sul web, poco o punto. Persino alla vigilia, nel giorno dell'ultimo appello, dal seguitissimo sito di Beppe Grillo non è uscito un granché.

Così, se il referendum sarà un trionfo, loro possono provare a salire sul carro dei vincitori. Se sarà un flop, gli sconfitti andranno cercati nella Lega. Stefano Buffagni, consigliere regionale lombardo, ha via via abbassato l'asticella. «Il quesito in Lombardia è stato proposto dal Movimento e chiede in maniera inequivocabile di avere maggiori forme di autonomie», diceva all'epoca. Salvo poi l'altro giorno derubricare la consultazione a un esercizio di democrazia. «Mi aspetto che vinca il sì e mi auguro che per l'affluenza ci sia almeno un voto in più rispetto al referendum sulle trivelle - in Lombardia fu il 30,4 - Ma per noi è già un successo il fatto che si voti. Questa è la democrazia diretta, il sogno di Gianroberto Casaleggio». Quanto all'impegno, «politica non è occupare la tv come fa Salvini promuovendo solo se stesso».

Ecco il punto, la democrazia diretta, un concetto che va a intermittenza. Vale moltissimo quando sono i Cinque stelle a praticarlo, conta un po' meno quando invece a raccogliere le firme sono altri. Ad esempio a Roma, dove i radicali sulla proposta per la messa a gara del trasporto pubblico della Capitale ne hanno messe insieme 33mila, superando così il quorum richiesto di 29mila. E adesso chiedono che il Comune celebri il referendum.

Peccato che la sindaca sembri allergica alle consultazioni popolari e, dopo le Olimpiadi e lo stadio della Roma, faccia melina cercando di depotenziare pure la privatizzazione del carrozzone Atac.

«Da settanta giorni - si lamentano i radicali - Virginia Raggi ignora le firme di 33mila cittadini e, sebbene obbligata dalla legge, non convoca il referendum». Che fine ha fatto quella che M5s definiva «un'arma meravigliosa»?

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