Roma - Separati in casa lo sono già da qualche tempo. Ma da ieri Lega e Movimento 5 stelle hanno rinunciato a salvare le apparenze, lasciando testimonianza dei loro disaccordi.
L'occasione, manco a dirlo, l'ha data il disegno di legge anticorruzione. Voto non a rischio, visto che alla Camera la maggioranza può contare su numeri solidi, ma l'approvazione è stata fiacca nei numeri. Hanno votato sì 288 deputati, 143 i contrari. La coalizione di governo potrebbe contare su 346 voti, ci sono quindi 58 deputati che ieri erano assenti, distratti o che hanno voluto dare il segno della loro dissenso rispetto alla legge.
Lega e M5s sembrano sempre più partiti costretti a votare l'uno i provvedimenti dell'altro anche se preferirebbero bocciarli. La tolleranza reciproca che è stata fino ad oggi il collante dell'alleanza sembra non tenere più.
Ieri non è sfuggita agli osservatori l'immagine dei deputati 5 stelle in piedi in Aula ad applaudire l'approvazione e la freddezza ostentata dai leghisti. Nessun applauso dai banchi dei parlamentari del partito di Matteo Salvini.
Hanno assicurato lo stretto necessario per non fare deragliare il provvedimento che ora passa all'esame del Senato, dove sarà modificata la norma che ammorbidisce il reato di peculato, inserita nel testo grazie al voto segreto sull'emendamento dell'ex M5s Catello Vitiello. Episodio che ha accentuato le divisioni.
Ieri in molti si chiedevano se si ripeterà lo spettacolo, a parti rovesciate, sul provvedimento bandiera della Lega, il decreto Sicurezza, che proprio a causa del Ddl anticorruzione è slittato a lunedì e sul quale pesano le critiche dei pentastellati movimentisti.
Scontato il ricorso al voto di fiducia. Oggi la commissione Affari costituzionali della Camera, in un solo giorno, dovrà esaminare circa 600 emendamenti.
L'approdo in Aula è calendarizzato per lunedì, quando si svolgerà la discussione generale e sarà posta la questione di fiducia, come era già successo al Senato.Tensioni destinate ad accentuarsi quando entrerà nel vivo l'iter della legge di Bilancio. Zeppa di misure «di bandiera», destinate a scontentare di volta in volta uno dei due alleati di maggioranza.
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