Roma Onorevole Mariastella Gelmini, qual è il suo bilancio dell'esperienza di Renzi al governo?
«I mille giorni di governo Renzi lasciano un'eredità estremamente modesta. Le sue riforme istituzionali sono state cancellate dagli italiani, il Jobs Act non ha dato i risultati sperati, tra abuso dei voucher, riduzione degli occupati a tempo indeterminato e aumento della precarietà, così come è stata bocciata la legge Madia sulla Pubblica Amministrazione».
Da dove bisogna ripartire?
«L'emergenza è l'occupazione giovanile. La speranza è che il 2017 non trascorra in un dibattito su alleanze e legge elettorale, perché gli italiani non mangiano con la legge elettorale».
Di fronte ai problemi del Pd e al fallimento amministrativo del M5S il centrodestra è pronto a giocare le sue carte?
«Abbiamo il dovere di tornare protagonisti. Per questo Forza Italia che ha da sempre una vocazione riformista non può non avanzare soluzioni rispetto all'emergenza occupazione. L'Istat ci dice che 6 giovani su 10 vivono con i genitori, tanti sognano di espatriare, la disoccupazione giovanile è oltre il 40%. Rischiamo di perdere una generazione».
Il Jobs Act non ha smosso il mercato del lavoro. Quale la ricetta alternativa?
«Regione Lombardia è sicuramente un modello, qui sono stati individuati strumenti come la dote lavoro, l'alternanza scuola-lavoro, l'apprendistato duale. Ci sono opportunità derivanti dal Piano Industria 4.0 del ministro Calenda. Fondamentale è accelerare i tempi di ingresso e quelli di passaggio da un lavoro all'altro».
Ci sono spazi per iniziative serie senza essere accusati di nostalgia del Nazareno?
«Forza Italia non deve cavalcare le paure ma ricercare soluzioni. Faremo una opposizione senza sconti, ma noi ci candidiamo a essere forza di governo».
Qual è la prima mossa che avete in mente?
«Il 9 gennaio a Palazzo Marino abbiamo in programma il Forum del Lavoro, un incontro con tutti i sindacati, Cgil, Cisl e Uil e Ugl, così come Assolombarda, Confapi, Confartigianato, Assocooperative, Afol, con l'assessore Valentina Aprea. Metteremo in campo proposte per il riordino delle politiche attive. Bisogna dare strumenti ai ragazzi per farli diventare imprenditori della propria occupabilità. Inoltre dobbiamo confrontarci su come garantire a questa generazione una prospettiva previdenziale altrimenti avrà pensioni che saranno il 50% degli stipendi da fame di oggi».
In una stagione di tweet e slides non teme la difficoltà di comunicare tematiche come queste?
«Berlusconi è stato l'ultimo che ha aumentato le pensioni minime, ha introdotto la social card e gli ammortizzatori in deroga. È nel solco della nostra cultura. Bisogna spiegare che la flessibilità non si può tradurre nell'offrire ai giovani lavori in un call-center a 500 euro al mese».
Dove trovare le risorse?
«Dobbiamo osservare la realtà. Il 50% di chi si rivolge a strutture caritative è italiano. Nove milioni sono in stato di povertà e 6 milioni in povertà assoluta. Sono andata in Via Vittor Pisani a dare generi di conforto ai senzatetto e mi sono trovata di fronte a tanti italiani. Se lo Stato spende 35 euro al giorno per un immigrato, qual è la cifra che destina per gli italiani? C'è un problema di distribuzione delle risorse».
Confindustria si è schierata con decisione per «Sì». Come sono i vostri rapporti oggi?
«Non ci rivolgiamo all'establishment, vogliamo parlare a professionisti, artigiani, pmi, alle partite Iva tartassate dalle tasse. È un blocco sociale che abbiamo sempre rappresentato, alcuni avevano concesso una apertura di credito a Renzi, ma si è tradotta in delusione».
È stato giusto votare il salvataggio di Montepaschi?
«Sì, ma serve una commissione di inchiesta, perché questo è il fallimento
della gestione partitica in capo a una banca. Così come sarebbe altrettanto giusto salvare i giovani di Almaviva. L'Italia riparte se è in grado di accendere la fiducia nei giovani offrendo serie prospettive di occupazione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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