Ernst&Young è una delle più note aziende di consulenza per le aziende e Donato Icovone ne è l'amministratore delegato della sede italiana. Bel lavoro? Dipende. «Stiamo vivendo una trasformazione così epocale che a volte spiazza pure noi che la studiamo ogni giorno».
È una rivoluzione. E ogni rivoluzione fa le sue vittime.
«È il momento in cui complicazione e velocità vanno di pari passo. E, nello stesso tempo, c'è un freno a mano tirato».
Ovvero?
«C'è una generazione che vive la digitalizzazione come una negazione dei meriti. La fascia tra i 35 e i 45 anni è quella in cui ci sono i più resistenti al cambiamento».
Perché?
«Ci pensi: sono uomini costruiti su competenze e aspettative di carriera. Invece vedono che si devono rimettere in gioco quando hanno famiglia e figli».
Soluzioni?
«Negli Usa impazza la gig economy, fatta da professionisti che non vogliono dipendere da nessuno. Esperti sul mercato per le loro competenze. Una manna per la aziende: li pagano il doppio ma il rapporto è limitato nel tempo».
In Italia può funzionare?
«Non lo so. Qui è andata di moda la start up e adesso c'è perfino una branca della psicanalisi per quelli che falliscono. Il consiglio migliore è di essere flessibili e sempre più curiosi».
Voi come guidate questo cambiamento?
«Usiamo le start up come training di altissima gamma. Per esempio in Hakaton, un confronto tra progetti innovativi e esigenze della Pubblica Amministrazione. Una formazione sul campo per i giovani e per costringere la PA a capire il futuro. D'altronde si può fare solo così: i ragazzi d'oggi non ti seguono più di 5 minuti e gli incontri dove uno parla e 100 ascoltano non funzionano più. Una volta qui da noi si cresceva a fogli excel, oggi sarebbe assurdo».
Risultati?
«A Ernst&Young abbiamo assunto 1500 persone nell'ultimo anno e abbiamo molto turnover: 200-300 ci restano in casa. Il segreto è mettersi in discussione sempre».
Robot e business: qual è il giusto mezzo?
«Capire che si è passati dal tema del prodotto a quello del servizio ai clienti. Anche nel BtoB e non solo nel mercato consumer. Oggi è saltata la filiera e nell'Industria 4.0 il know how è ormai disponibile a tutti: conta la cura del cliente».
Sì, ma come spiegare questo alla politica?
«È difficile, convengo: nella PA lavorano 3 milioni e mezzo di persone, ce n'è almeno un milione che può essere sostituito dalle macchine. Che si fa: li si licenzia?».
Non si può.
«Appunto. Li si libera e riqualifica per mansioni più moderne. Li si rimette in gioco. Ma il discorso è al limite dell'impossibile».
Dice?
«Questa gente va tutta a votare: lo trova lei un politico che affronti seriamente il problema?». MLomb
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