«Se si candidasse, se lo volesse, la sosterrei». Un'intervista di Emmanuel Macron alla tv svizzera Rts apre ufficialmente lo scenario-ipotesi di Angela Merkel sullo scranno più alto della Ue, nel ruolo di nuovo presidente della Commissione europea. «La sosterrei perché sarebbe un candidato forte, penso che l'Europa abbia bisogno di volti nuovi, di forti personalità. Servono persone che hanno credibilità personale e competenza», spiega il presidente francese, che conferma pubblicamente la sua stima per la cancelliera tedesca.
In realtà, più che lanciare Angela Merkel, il capo dell'Eliseo si è limitato a rispondere a una domanda sull'eventuale sostenibilità di una sfida che veda la cancelliera partecipare alla corsa per la successione di Jean-Claude Juncker. E anche se la leader tedesca ha già escluso di voler accettare incarichi nella Ue, tanto basta per aprire la strada a nuove opzioni. Una in particolare, sulla quale Macron punta da un po': che il nuovo presidente della Commissione non sia scelto con il sistema dello Spitzenkandidat (il «candidato di punta», in tedesco). La procedura, usata nel 2014, è il frutto di un accordo tra i capi di Stato e di governo dell'Ue, l'Europarlamento e i gruppi politici. Consiste in un meccanismo attraverso cui i partiti indicano, prima delle elezioni europee, il loro candidato ideale, un capolista, per poi scegliere come presidente il «designato» dal gruppo che, a risultati definitivi, si è rivelato il più forte nel nuovo Parlamento. L'obiettivo è rafforzare la legittimità democratica dell'esecutivo comunitario. Perciò finora i nomi circolati sono stati quelli del tedesco Manfred Weber (Ppe), dell'olandese Frans Timmermans (Socialisti), della danese Margrethe Vestager (Liberali). Ma le dichiarazioni di Macron confermano che il leader francese sta premendo per esplorare altre strade, convinto che serva dare un segnale di cambiamento e puntare su volti noti, tra cui il capo-negoziatore della Brexit per la Ue, il francese Michel Barnier. «Nessuno conosce questi Spitzenkandidaten», ha spiegato, non a caso, Macron.
D'altra parte, durante il vertice informale di fine maggio tra capi di Stato e di governo, svoltosi subito dopo le Europee, il capo dell'Eliseo si è dimostrato il principale ostacolo ai piani di Angela Merkel per l'elezione di Weber e per procedere lungo la strada del «candidato guida». Una posizione che non si può ignorare, quella di Macron, non solo perché la Francia è insieme alla Germania il grande traino della Ue incalzata dai sovranisti, ma anche perché i Liberali sono diventati la stampella indispensabile di Popolari e Socialisti che hanno perso la maggioranza assoluta detenuta insieme dal 1979. Il nuovo gruppo, formato dai liberali europei (ex Alde), sommati ai nuovi eurodeputati macroniani, (in tutto 110 seggi, 41 in più rispetto al 2014 grazie ai francesi) è il terzo per numero e importanza. Ribattezzato «Renew Europe», Rinnova l'Europa, dopo che i macroniani hanno spinto per eliminare la parola «liberale», considerata spesso sinonimo di capitalismo sfrenato in Francia, il gruppo sarà decisivo per i nuovi indirizzi della Ue e per le future nomine, con la presidenza della Commissione attesa per fine anno.
Che potrebbe succedere quindi adesso? Angela Merkel ha da tempo annunciato che lascerà la politica alla fine del suo mandato, il quarto e ultimo, che si concluderà nel 2021 dopo 16 anni di Cancelleria. Ma a questo punto, dopo l'uscita di Macron, Merkel potrebbe essere tirata per la giacchetta da chi cerca effettivamente figure più «credibili, competenti e conosciute». La composizione del puzzle dipenderà anche dall'accordo sulle altre cariche in ballo: presidente del Consiglio Ue, presidente dell'Europarlamento, Alto rappresentante degli Affari Esteri e presidente della Bce, queste ultime tre poltrone finora occupate da italiani. Il premier Conte ha avvertito: «Rivendichiamo una posizione di primo piano, un portafogli economico». E pensa al Commissario per gli Affari economici.
Macron, con la sua uscita, potrebbe mirare a un obiettivo simile, più ambizioso ma più facile da raggiungere per la Francia: incensare Angela Merkel per ottenere in cambio l'appoggio alla francese Christine Lagarde (oggi Fmi) per la Bce. E infatti ha ribadito: due dei quattro ruoli chiave devono andare a donne. «Serve parità».
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