Madrid contro Barcellona "Il referendum non si fa"

Madrid contro Barcellona "Il referendum non si fa"

Barcellona Dagli articoli della Costituzione al controllo sulla spesa pubblica. Il governo di Mariano Rajoy ieri ha scelto una nuova strategia per arginare la voglia secessionista della disobbediente comunità autonoma di Spagna. Il ministro della Pa, Cristóbal Montoro, ha imposto un ultimatum di 48 ore al presidente catalano Carles Puigdemont, affinché approvi una legge che non destini un solo centesimo per le spese del referendum pescando dai fondi pubblici. Montoro è stato chiaro: «Se la Generalitat userà questo denaro per la consulta, allora bloccheremo i finanziamenti e gestiremo direttamente noi tutte le spese di bilancio e gli stipendi degli impiegati pubblici della Catalogna».

Né l'apertura delle indagini per «disobbedienza» verso Puigdemont, i suoi ministri e oltre 700 sindaci catalani (rischiano fino a 6 anni di carcere), hanno convinto la Generalitat a cancellare il referendum «illegale» del 1° ottobre. Non sono servite nemmeno le minacce di Madrid di arrestare qualsiasi azienda coinvolta nell'allestimento dei seggi elettorali e nella produzione delle schede di voto per il referendum, come non interessa a Barcellona che 800 agenti della Guardia Civil sono pronti a «occupare» la Catalogna.

In Spagna, nel silenzio Ue, si celebra la crisi istituzionale più grave del dopo Franco. A due settimane dalle urne, le «normali» misure repressive adottate dal premier Rajoy non hanno sortito alcun effetto: Puigdemont continua a dire che il referendum si farà. L'esecutivo potrebbe ricorrere all'asso dell'art.

155 della Costituzione per chiudere la partita: l'articolo concede pieni poteri a Rajoy di sospendere Puigdemont e l'autonomia della Comunità, per prendere così il controllo totale della Catalogna. Una mossa che, secondo gli analisti, potrebbe portare a una sollevazione dei catalani.

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