La Guardia di Finanza arresta i mafiosi, la giustizia e il governo li scarcerano. È il controsenso che in questi giorni sta emergendo anche in seguito al duro colpo inflitto ieri a Cosa Nostra dagli uomini delle Fiamme Gialle. Divise il cui lavoro rischia di essere vanificato a causa delle scelte di chi, usando come scusante l'emergenza Covid, manda i boss agli arresti domiciliari per motivi di salute.
Ieri la Gdf ha condotto un'operazione che ha portato all'arresto di 91 persone e al sequestro di 15 milioni di euro. Su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Palermo, guidata da Francesco Lo Voi, infatti, il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, con il supporto del Comando Provinciale di Palermo e di altri Reparti sul territorio nazionale, ha dato esecuzione a numerose ordinanze di custodia cautelare e sequestro preventivo, emesse dal gip presso il Tribunale di Palermo.
L'operazione ha portato alla disarticolazione dei clan, tra cui la famiglia Fontana, imparentata con la famiglia Galatolo, storicamente egemoni nei quartieri palermitani dell'Acquasanta e dell'Arenella, facenti parte del mandamento mafioso di Resuttana. Sono oltre cento i soggetti indagati per presunti reati che vanno dall'associazione a delinquere di stampo mafioso all'estorsione, al traffico di sostanze stupefacenti, al trasferimento fraudolento di valori, al riciclaggio, al reimpiego di capitali illeciti, all'esercizio abusivo di giochi e alle scommesse, oltre che ad altri reati contro la persona e il patrimonio. Di questi 91, come detto, sono soggetti a misure cautelari personali.
Tra gli indagati anche Daniele Santoianni, ex concorrente del Grande Fratello 10. L'attività è scaturita grazie all'ascolto di alcuni collaboratori di giustizia, tra cui Vito Galatolo. Lo scenario è tipico delle dinamiche mafiose. Il vuoto di potere venutosi a creare a seguito dei numerosi provvedimenti di custodia cautelare che hanno interessato nel tempo i vari clan, hanno portato all'ascesa della famiglia Fontana, i cui esponenti da tempo si sono stabiliti a Milano, dove reimpiegavano i proventi di attività criminali, molti dei quali servivano anche al mantenimento delle famiglie dei detenuti. L'investimento era soprattutto focalizzato sui settori economici legati all'ippica, ai centri scommesse, alle cooperative nel campo della cantieristica, compravendita di preziosi, commercializzazione di caffè, commercio di alimenti e packaging alimentare.
Per questo è stato disposto un sequestro patrimoniale del complesso aziendale di 22 attività e di
beni mobili e immobili per 15 milioni di euro. Per l'operazione sono stati impiegati circa 500 militari attualmente in attività in Sicilia, Lombardia, Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Campania.
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