Da inviata «embedded» nelle zone di guerra ai conflitti armati del settimo piano Rai. Monica Maggioni finora si è dimostrata abile a schivare le mine che hanno invece affondato la direzione generale di Campo Dall'Orto, ormai con un piede e mezzo fuori dalla tv pubblica. Se l'ex manager di Mtv si è rivelato un «ingenuo» (giudizio di Carlo Freccero), incapace di maneggiare un'azienda politica come la Rai, la presidente ha sfruttato la sua conoscenza delle logiche oscure che governano viale Mazzini per rimanere in sella. E così, quando il vento politico è cambiato e Dall'Orto si è tramutato da superprotetto di Renzi ad appestato nel mirino del Pd (e non solo), la Maggioni ha ingaggiato una guerriglia col direttore generale, culminata nel voto contrario del presidente Rai al piano editoriale del dg Rai, una cosa mai vista. Obiettivo: scaricare il fallimento degli ultimi due anni tutto su Campo Dall'Orto, e uscire illesa dal grande pasticcio renziano di Viale Mazzini. Obiettivo ambizioso ma non scontato, visto il ruolo non proprio secondario ricoperto in Rai, e la condivisione di molte scelte di Campo Dall'Orto, comprese le prime infornate di assunzioni esterne, salutate dalla Maggioni con soddisfazione perché «la trasformazione in media company richiede competenze specifiche che in Rai non ci sono quindi ci si rivolge all'esterno» spiegò la presidente Rai. Poi, dopo che una lunga lista di contratti esterni è finita sul tavolo dell'Anticorruzione di Cantone, e quindi della Procura di Roma, la Maggioni è passata a bacchettare Dall'Orto sull'eccessivo ricorso a contratti esterni, perché «si rischia di creare un altro bacino di precari senza nemmeno governare il processo». Ma anche per un altro motivo: la Maggioni, come presidente, è rappresentante legale dell'azienda, e quindi ogni conseguenza (giudiziaria, erariale) di ogni atto cade di default su di lei. E la presidente si è sentita più volte tradita dalla fiducia nel dg, nel controfirmare certe sue decisioni, non ultima la nomina alla Security Rai di Genséric Cantournet, poi scoperto in conflitto di interessi e fatto dimettere.
Le scintille erano iniziate con l'arrivo di Carlo Verdelli, chiamato dal dg per prendere in mano tutta l'informazione Rai, area presidiata dalla stessa Maggioni che nella precedente era Gubitosi (l'ex dg di cui era diventata fedelissima) era arrivata ad un passo dal prendere la direzione della Newsroom 2, la supertestata risultante dalla fusione di Tg3, RaiNews e TgR. Verdelli aveva esordito con una gaffe che la Maggioni non gli ha mai perdonato: «Rainews fa dei numeri troppo piccoli rispetto alle persone che ci lavorano». Una critica pesante proprio alla rete diretta dalla Maggioni prima di diventare presidente. Da lì in poi ha giurato vendetta al team informazione di Dall'Orto, che in effetti è capitolato: via Verdelli, via Merlo, bocciato il piano di riforma delle news firmato dallo stesso dg, fatta fuori la Gabanelli a cui era destinato una nuova testata on line, progetto osteggiato personalmente dalla Maggioni («Me lo ha detto lei chiaramente tre settimane fa» racconta l'ex conduttrice di Report) che nell'ultimo cda ha stroncato senza mezzi termini tutto il piano, unendosi ai consiglieri nella sfiducia a Dall'Orto, facendo così asse con la politica che vuol far fuori lui ma potrebbe salvare lei. Scelta dal Pd con il benestare del centrodestra, la Maggioni si ritrova quasi per caso in quota Gentiloni, perché fu lui, da ministro degli Esteri, a suggerire il suo nome a Renzi per risolvere il rebus presidenza.
Magari per succedere proprio lei a Dall'Orto, come suggerisce L'Ultima Ribattuta, giornale on line dell'ex capo della comunicazione Rai Guido Paglia: «Monica Maggioni si dimette ed è promossa dg; al suo posto si va avanti con il consigliere anziano Arturo Diaconale (Forza Italia) come facente funzione; per Berlusconi sarebbe un bel segnale da parte di Renzi, in vista di possibili intese post-elettorali». Per la Maggioni, uscire dai due anni complicati al timone della Rai come nuovo dg, l'ennesimo colpo da maestra.
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