Cronache

"La magistratura non è una cittadella che si autogoverna"

Il giurista: "Un referendum sulla giustizia è costituzionalmente ammissibile"

"La magistratura non è una cittadella che si autogoverna"

Non ci sono ancora, ma fanno già litigare. Giuseppe Santalucia, presidente dell'Anm, ritiene che i referendum sulla giustizia siano inammissibili.

Professor Cassese, è un no che la convince?

Sabino Cassese, uno dei più autorevoli giuristi italiani e giudice emerito della Corte costituzionale, prima di rispondere rilegge con attenzione i sei quesiti lanciati dalla Lega e dal partito Radicale. Dubbi però non ce ne sono:

L'articolo 75 della Costituzione stabilisce che non sono ammessi referendum sulle leggi tributarie e di bilancio, sulle leggi di amnistia e di indulto e sulle autorizzazioni a ratificare trattati internazionali. Quindi, un referendum sulla giustizia, o, meglio, su alcuni particolari aspetti dell'ordinamento della giustizia in Italia è costituzionalmente ammissibile».

Ma il presidente dell'Anm sottolinea la coincidenza: si corre verso il referendum mentre il governo sta accuratamente raccogliendo opinioni e proposte sulla giustizia. È implicito un giudizio negativo della Lega sull'esecutivo Draghi di cui pure fa parte?

«Non penso che si possa dare questa interpretazione, per due motivi. Il primo motivo è che il proponente, il leader della Lega, ha chiaramente indicato la finalità sollecitatoria che hanno i referendum. Il secondo motivo è che le proposte della Lega si muovono lungo un tracciato che fu individuato a suo tempo dal Partito radicale, quello del ritaglio. Ora, molte delle proposte avanzate in sede referendaria possono coincidere con quelle che matureranno in sede governativa e parlamentare. Bisognerà, a un certo punto, far convergere l'una e l'altra iniziativa riformatrice».

Un'altra critica mossa dal presidente dell'associazione riguarda un profilo più generale: egli sostiene che il tema delle funzioni e delle prerogative della giustizia non si colloca correttamente nella cornice referendaria. Così si mischiano le mele con le pere?

«Un approccio di questo tipo mi pare corrispondere a quell'idea sbagliata, che è andata maturando in questi anni, dell'ordine giudiziario e, di conseguenza, della magistratura come una cittadella separata, che si autogoverna. Ora, la Costituzione attribuisce indipendenza all'ordine giudiziario, non conferisce ad esso potere di autogoverno. D'altra parte, il giudice è sottoposto alla legge, il Parlamento è titolare del potere legislativo, il popolo è titolare del potere di deliberare l'abrogazione totale o parziale delle leggi e, se la Costituzione non esclude il referendum abrogativo in materia di giustizia, questo è certamente ammissibile».

In qualunque forma?

«I referendum proposti, sul merito dei quali non mi esprimo, vengono incontro a molti temi e proposte che si sono affacciati e sono stati discussi in tutti questi anni, non sono certamente una novità. Sono redatti con la tecnica del ritaglio e quindi operano con il bisturi. Certamente hanno tutti i limiti della funzione puramente negativa tipica dell'abrogazione».

Quindi possono essere la prima parte di un processo riformatore in due tempi?

«Non ci si può attendere dai referendum un vero e proprio riordino della giustizia, quel riordino che è certamente necessario.

Questo è un altro motivo per il quale il referendum ha una funzione fondamentalmente sollecitatoria».

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