Tornati protagonisti senza sforzi. Se fino a ieri il era sempre in bilico tra la prospettiva di scontentare il proprio elettorato e quella di rimanere fuori dai giochi, con il colpo di teatro di Matteo Salvini il Movimento 5 stelle è tornato in gioco. «Per la Presidenza del Senato siamo disponibili a sostenere Anna Maria Bernini o un profilo simile», ha twittato ieri sera il leader Luigi Di Maio.
Il veto su Paolo Romani per la presidenza del Senato si era rivelato più difficile del previsto da gestire per il M5s. Il leader della Lega nord ha lanciato la candidatura della forzista Anna Maria Bernini in alternativa all'ex presidente di Palazzo Madama, bocciato giovedì dai pentastellati perché condannato per peculato. Il capogruppo dei senatori Danilo Toninelli all'inizio non si è sbilanciato. «Bernini? Prima di dire se è votabile o no devono dirci se è la candidata di tutto il centrodestra».
La candidatura lanciata senza preavviso da Salvini aveva i requisiti richiesti dal movimento di Luigi Di Maio, cioè è incensurata. Ma all'inizio il movimento è rimasto in silenzio, come voleva il leader Luigi Di Maio. Scheda bianca, come gli altri gruppi «per il bene delle persone che vogliamo candidare alle presidenze non possiamo esporle ai giochi dei partiti finché non sarà chiaro il metodo con cui si vuole procedere. Nei prossimi giorni sapremo se per le altre forze politiche la volontà popolare conta ancora qualcosa oppure no».
Poi l'appoggio via social media alla candidatura decisa dal leader della Lega in solitaria. La rottura nel centrodestra dà un po' di respiro al M5s, che già ieri mattina aveva ricominciato ad alzare ulteriormente l'asticella.
Ad esempio dicendo no ad ogni tipo di accordo con Forza Italia. Lo ha fatto capire un Di Maio ieri particolarmente disteso e sereno, quando ha denunciato «veti da parte di qualcuno che cerca una legittimazione che gli italiani non gli hanno dato». Il riferimento è appunto agli azzurri che avevano fatto quadrato su Romani. «Io lo dico subito: un Nazareno bis non lo farò mai». Quindi niente patti con Fi.
Ancora più esplicita l'assemblea dei deputati e dei senatori del movimento che si è riunita ieri mattina per dire subito no alla «riabilitazione di Silvio Berlusconi». Premessa precedente all'exploit di Salvini. Il movimento di Grillo e Di Maio ieri aveva deciso di rispondere al gioco di squadra del centrodestra, facendo trapelare il sostegno ad una candidatura Pd per Palazzo Madama, cioè Luigi Zanda. Tentativo respinto dai democratici, che restano all'opposizione.
La mossa di Salvini ha quindi rimesso in gioco il M5s, che in serata si poteva appunto permettere il lusso di dire sì, prima che la coalizione facesse un nome unico, mentre per la Camera prendeva quota il nome del presidente uscente della Vigilanza Rai Roberto Fico.
Quanto questa situazione sia comunque scomoda per i pentastellati, lo dimostra la vicenda del murales che ritrae un bacio tra Salvini e Di Maio, comparso ieri in centro a Roma. Una citazione del «bacio fraterno» socialista tra Honecker e Brezhnev nel 1979. Nel pomeriggio era già stato rimosso.
Operazione di pulizia a tempo di record in una città che non ha certo il decoro tra i suoi punti di forza. E dove campeggiano ancora graffiti degli anni Settanta. Nella capitale governata dal Movimento 5 stelle è bene che non si sappia che la politica è fatta anche di compromessi con gli ex nemici.
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