E alla fine «Salvini non l'ha mollato». Per più di qualcuno nel Movimento Cinque Stelle è «il fallimento della linea Di Maio». Una strategia, dal 5 marzo in poi, fatta di telefonate continue al segretario leghista, «spartizioni di poltrone» e «protagonismo». Quell'«io» del candidato premier, ripetuto in tv e in tutte le dichiarazioni, che avrebbe irritato un pezzo dei pentastellati. Parlamentari «ortodossi», militanti, Beppe Grillo. Con l'ombra di Roberto Fico a terrorizzare il capo politico. Una sagoma che potrebbe prendere consistenza nel caso di un «mandato esplorativo» concesso da Mattarella alla terza carica dello Stato. Proprio quest'ultimo scenario piomberebbe come una tegola sul Movimento e sulla «leadership di Di Maio». E spunta qualche grillino, infastidito dalla «palude romana», pronto già a mettere in discussione la nuova guida dei pentastellati. C'è chi racconta di un telefono «caldo» di Beppe Grillo. La critica, oltre al protagonismo e all'«amore» per la Lega, verterebbe anche su un eccessivo atlantismo, maturato nelle ultime ore della crisi siriana, da parte di Di Maio e del suo «cerchio magico», guidato su questo tema soprattutto da Vincenzo Spadafora, Richelieu nei rapporti con gli Stati Uniti e con quella Nato dalla quale non vogliono più «uscire».
Un argomento dibattuto anche nel colloquio con Mattarella. Di Maio è uscito dall'incontro visibilmente disorientato. E ha ribadito la linea dura: «Abbiamo proposto una soluzione a due forze politiche, la Lega e il Partito Democratico, con la stesura di un contratto di governo sul modello tedesco che mettesse al centro i problemi degli italiani e la soluzione dei loro problemi». Ha proseguito il capo politico: «Con la Lega c'è una sinergia istituzionale che ha permesso di rendere operativo il Parlamento, è chiaro però che ancora una volta Matteo Salvini e la Lega ci stiano proponendo lo schema del centrodestra». Per Di Maio «il centrodestra è un ostacolo al cambiamento del paese ed è una coalizione che è nata per adattarsi alle esigenze della legge elettorale». Il Rosatellum, negli scorsi giorni, era al centro di molte critiche degli uomini vicini al candidato premier. Che polemizzavano: «La colpa della palude è delle forze politiche che hanno votato questa legge, i partiti dovrebbero chiedere scusa agli italiani per la situazione nella quale ci hanno messi». Di Maio è irritato dal fallimento della strategia portata avanti fin dal giorno dopo le elezioni. Quindi attacca Berlusconi «è un ostacolo al governo del cambiamento, dovrebbe fare un passo di lato». E poi: «Ha fatto una battutaccia» riferendosi all'intervento del Cavaliere a margine delle dichiarazioni ufficiali dei leader del centrodestra.
All'interno del Movimento, così, ritorna l'ipotesi di un ritorno alle urne. Dice Di Maio: «Scongiuriamo un ritorno al voto, ma non ne abbiamo paura». E per più di qualcuno sarebbe l'unica possibilità per uscire dal «vicolo cieco» nel quale si è cacciato il nuovo leader. A quel punto, varata la deroga al vincolo dei due mandati, cominceranno altri problemi per il numero uno pentastellato.
Che sarà sicuramente ricandidato, ma c'è chi è pronto a scommettere su una sua mancata conferma nel ruolo di candidato premier. Nel frattempo, Fico acquista sempre più credibilità agli occhi di Grillo e Di Battista è pronto a tornare in campo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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