Si va verso la revoca della concessione ad Autostrade per l'Italia (Aspi). Secondo la relazione della commissione di esperti del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, pubblicata da Adnkronos, il crollo del ponte Morandi «ha comportato la mancata restituzione di un bene che, per via della concessione, era stato affidato ad Aspi, che era quindi tenuta a restituirlo integro». Questo configura un «grave inadempimento che consente la revoca unilaterale della concessione».
Il crollo, per i tecnici del gruppo di lavoro, lascia presupporre «gravi lacune del sistema di manutenzione che si possono ritenere sussistenti su tutta la rete autostradale» e che, pertanto, giustificano il venir meno del rapporto fiduciario tra lo Stato e Aspi, nonostante quest'ultima avesse iniziato un forte intervento di manutenzione straordinaria dopo il crollo. Sulla base di queste risultanze i tecnici avvalorano la revoca delle concessioni su tutto il territorio nazionale e non solo in Liguria.
Per altro sarebbe giustificata la risoluzione del contratto senza indennizzi, ma poiché è probabile che si apra un contenzioso le 62 pagine della relazione lasciano intendere che il giudice potrebbe decidere in favore della controllata dei Benetton. Per questo l'idea di Di Maio e del ministro Toninelli sarebbe quella di far pagare il risarcimento per il lucro cessante fino alla scadenza del 2042 (stimato in 20 miliardi) al concessionario subentrante.
«È nato il partito dei Benetton che sta federando tutti gli amici degli amici che in questi anni hanno avuto trattamenti di privilegio: credono di poter utilizzare le casse dello Stato a proprio piacimento e quando provi a togliergli le rendite, iniziano a ricattare». Ieri pomeriggio il vicepremier Luigi Di Maio aveva lasciato intendere ulteriormente come la strada fosse già tracciata. Atlantia, la holding che controlla Aspi, sarebbe stata punita. «Pensano di farci paura, ma pensano male: faremo giustizia per le famiglie che hanno perso i loro cari in quel tragico 14 agosto; non sarà un titolo in Borsa a cancellare le loro lacrime», ha concluso con il solito tono melodrammatico facendo spallucce alle probabili ricadute in Piazza Affari.
La realtà, però, è un'altra. L'invettiva contro il «partito dei Benetton che ha un solo obiettivo: andare contro il Movimento 5 Stelle» è solo un modo propagandistico di nascondere il fallimento pentastellato al ministero dello Sviluppo economico. Mercoledì prossimo Di Maio incontrerà al ministero i sindacati dei trasporti sulla vertenza Alitalia. E proprio l'inefficienza del titolare dello Sviluppo ha fatto sì che all'approssimarsi dell'ennesima scadenza rinviata (il 15 luglio) non si sia costituita ancora una compagine che sia in grado di rilevare quel che resta dell'ex compagnia di bandiera. I paletti troppo alti sul mantenimento dei livelli occupazionali e l'ostracismo nei confronti di Atlantia hanno reso più arduo il confronto. Ora non restare che sperare nel presidente della Lazio Lotito, nel gruppo Toto (che ieri ha confermato l'intenzione di partecipare alla cordata con Fs, Delta e Tesoro) e nella colombiana Avianca il cui intervento è subordinato a gestire direttamente il vettore.
Un analogo pasticcio è stato commesso con Ilva.
Di Maio ha agevolato il giustizialismoM5s, consentendo che nel dl Crescita si eliminasse parzialmente lo scudo penale per i manager del nuovo conglomerato siderurgica con il risultato che ArcelorMittal ha già fatto sapere di voler chiudere gli impianti tarantini dal 6 settembre. Ecco, cambiare le regole in corsa è una costante: il 9 luglio prossimo il ministro in prima persona dovrà rassicurare i sindacati, inferociti per i 14mila posti di lavoro a rischio. Non basteranno le solite parole.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.