L'agenda 2023 partorisce un mini accordo sulla legge elettorale che allunga la vita al governo Conte bis. Dura 45 minuti il faccia a faccia a Palazzo Chigi, che inaugura un mese di gennaio di fuoco per la maggioranza giallorossa, tra Nicola Zingaretti e Luigi di Maio. I due leader discutono per gran parte del tempo di legge elettorale: c'è un'intesa di massima sul sistema proporzionale. Da definire soglie di sbarramento e lunghezza delle liste. Però l'accordo è praticamente fatto. La priorità (per Zingaretti e Di Maio) è disinnescare la mina del referendum proposto dalla Lega (che ha già ottenuto il via libera della Corte di Cassazione) che mira a cancellare la quota proporzionale del Rosatellum estendendo i collegi uninominali al 100% del territorio nazionale. E si lavorerà nei prossimi giorni (c'è tempo fino al 12 gennaio) per bloccare il referendum sul taglio dei parlamentari: altra operazione che metterebbe in salvo la legislatura.
Tornando alla legge elettorale, la maggioranza del Pd propenderebbe per un sistema proporzionale corretto da una soglia di sbarramento nazionale alta, si ipotizza il 5%, ma c'è disponibilità anche sul 4. Dal vertice a due di Palazzo Chigi c'è un altro dato: il passo in avanti di Zingaretti e Di Maio. Il premier Giuseppe Conte fino ad oggi è stato il mattatore della partita giallorossa. Ora rischia di dover cedere il pallino nelle mani di Zingaretti e Di Maio. Al termine del colloquio, i due leader diramano una nota congiunta (è la prima volta) che sembra indirizzata più all'inquilino di Palazzo Chigi che agli altri alleati o alle opposizioni: «In un clima molto positivo e costruttivo, si è parlato della situazione politica generale ed è stato un primo confronto sul percorso da avviare per definire i prossimi obiettivi di governo» si legge nella nota.
Parole che segnano un cambio di passo nei rapporti tra i due alleati. È il preludio di quel progetto politico condiviso evocato da Goffredo Bettini? Di Maio e Zingaretti ci provano. E un altro segnale di distensione nella maggioranza arriva dai renziani: Italia Viva annuncia che voterà per dare il via libera all'autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini sul caso della nave Gregoretti. I renziani vanno sulla linea di Di Maio e Zingaretti. «Salvini nella sua memoria ci ha spiegato che il caso Gregoretti è identico a quello della Diciotti. Salvini certamente conosce le carte meglio di noi, e se lui dice che i casi sono identici, noi ci comporteremo in modo identico, votando come per la Diciotti» annuncia Ettore Rosato. La maggioranza si compatta: Conte gongola. Certo sullo sfondo restano alcuni nodi da sciogliere: Pd e M5s non hanno trovato un accordo sul blocco della prescrizione, ufficialmente in vigore dal Primo gennaio.
E ieri è scoppiata la grana sull'identità digitale. A far fibrillare la maggioranza sono state le parole della ministra pentastellata per l'Innovazione Paola Pisano. «L'identità digitale - ha spiegato su Twitter - sarà rilasciata dallo Stato e servirà a identificare il cittadino in modo univoco verso lo Stato stesso. In futuro, per aziende e cittadini che lo vorranno, potrebbe essere ulteriore sistema di autenticazione».
Un progetto che non piace per niente al Pd né a Italia Viva. E anche sulla revoca delle concessioni autostradali le posizioni tra Pd e grillini sono distanti. Il 7 gennaio comincerà la verifica. Che dopo l'incontro Zingaretti-Di Maio sarà meno turbolenta.
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